L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha realizzato le prime linee guida globali sui test per l’epatite cronica B e C., pubblicate e presentate alla 26/a Conferenza dell’Associazione asiatica del Pacifico per lo studio del fegato (Apasl) a Shangai in Cina. Prima regola è semplificare l’accesso ai test e secondo definire con esattezza chi sottoporre a tali test.
Nel mondo, secondo le stime dell’Oms, più di 300 milioni di persone hanno un’infezione cronica da epatite B o C, ma meno del 5% ha fatto il test o sa di avere la malattia. ”Molte persone, specialmente quelle che vivono nei paesi a basso e medio reddito, non sanno di essere infette, e così non possono accedere alla terapia appropriata. Migliorare l’accesso ai test per l’epatite è dunque fondamentale per aumentare il numero di chi può ricevere terapie salva-vita”, commenta Marc Bulterys, dell’Oms.
Attualmente infatti è disponibile, in tutto il mondo, una cura per l’epatite C, con i nuovi antivirali ad azione diretta, capaci di trattare 9 persone su 10 in 3-6 mesi. Circa 1 milione di persone nel mondo è stato trattato finora con questi farmaci. Anche per l’epatite B cronica sono disponibili dei trattamenti anti-virali efficaci a lungo termine, anche se in molti paesi la difficoltà è poterli ricevere.
”Le nuove linee guida semplificano l’approccio al test, identificando chi deve farlo, dove e come, e come mettere in contatto la persona con centri di cura e terapia una volta che il test risulta positivo”, aggiunge Philippa Easterbrook, che ha presentato il documento alla conferenza.
L’Oms raccomanda l’uso di test diagnostici rapidi per le popolazioni difficili da raggiungere, e di concentrarsi nel farli sui gruppi più colpiti da epatite B e C, quindi chi si inietta droghe, chi è sieropositivo, i figli di madri don epatite B o C, chi presenza i sintomi o gli esami del sangue fanno pensare ad un’epatite virale. Viene raccomandato il test anche a tutti gli operatori sanitari, i detenuti e chi è in trattamento per tossicodipendenza.