E-cig come strumento per la cessazione del fumo: il ruolo degli aromi

In Europa, le normative sui flavour per le sigarette elettroniche stanno diventando sempre più restrittive, con molti Paesi che già applicano o stanno valutando di introdurre il divieto di aromi diversi da quello del tabacco. Questi cambiamenti legislativi, in Paesi come Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Paesi Bassi e Slovenia, riflettono una strategia per prevenire l’iniziazione al fumo tra i giovani, ma hanno sollevato preoccupazioni da parte degli esperti di riduzione del danno, i quali sostengono che tali divieti potrebbero indurre gli utenti adulti a tornare al fumo tradizionale o favorire il mercato nero.

“La questione del tabagismo resta purtroppo di grande attualità in Italia dove continua a fumare circa il 20% della popolazione (un italiano su cinque). Molti di questi sono fumatori forti, che consumano più di un pacchetto al giorno. Il fumo, nel nostro Paese, secondo i dati del Ministero della Salute, provoca 90.000 decessi ogni anno”, dice Fabio Beatrice, Direttore scientifico di MOHRE.

Nel 2020 Beatrice ha creato un centro antifumo, spinto dalle difficoltà che riscontrava nel convincere i pazienti a smettere di fumare persino dopo un tumore e dalla necessità di trovare una soluzione di fronte a questi dati allarmanti. Negli ultimi anni, come sottolinea l’esperto, diversi studi randomizzati, osservazioni e revisioni sistematiche, hanno mostrato come la sigaretta elettronica possa svolgere un ruolo critico nella riduzione del rischio correlato al fumo e diventare uno strumento per la cessazione.

Una possibilità per chi non riesce a smettere

Uno studio pilota a cui ha partecipato l’esperto, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e pubblicato nel 2015 sull’International Journal of Environmental Research and Public Health su 34 fumatori adulti ha mostrato l’importanza di un addestramento medico assistito sull’uso corretto dell’e-cig. Se usato correttamente questo strumento ha portato a una riduzione significativa (da 2,4 ± 1,3 ppm a 0,3 ± 0,1 ppm) del monossido di carbonio (CO) espirato dopo un mese dall’inizio dello studio tra i partecipanti che sono passati a un uso esclusivo di sigaretta elettronica (il 73,5%). “La sigaretta elettronica non è la soluzione definitiva al problema, però non possiamo ignorarla come possibilità per le persone che non intendono smettere di fumare o che dopo averci provato hanno fallito”.

Due recenti revisioni sistematiche del Cochrane Database of Systematic Reviews, una pubblicata nel 2023 e una nel 2024, mostrano come le sigarette elettroniche siano più efficaci di altri interventi per la cessazione del fumo.

La prima scelta del fumatore e il primo consiglio che deve offrire il medico sta sempre nella cessazione del fumo, la e-cig può solo rappresentare un sostegno nel caso in cui non voglia o non riesca a smettere. “La sigaretta elettronica chiaramente non è sana, contiene una percentuale residuale di cancerogeni e di altre sostanze chimiche, ma la percentuale di sostanze dannose rispetto alla sigaretta tradizionale scende drasticamente al 95% in meno e non c’è dubbio che passare dai prodotti basati sulla combustione all’e-cig (senza combustione) porti a una detossificazione importante”.

Una questione di comunicazione

La preoccupazione degli Stati che hanno introdotto il flavour ban è che le sigarette elettroniche possano rappresentare un’attrattiva per i giovani non fumatori e iniziarli alla dipendenza. Tuttavia, secondo Beatrice, non bisogna confondere i due piani di discussione: la sigaretta elettronica deve essere indirizzata alle persone che intendono smettere di fumare e deve essere sconsigliata ai giovani. “È estremamente importante che il setting di approccio alla sigaretta elettronica sia analogo a quello utilizzato dal Ministero della Gran Bretagna, dove il prodotto viene indicato esclusivamente per i fumatori incalliti e vivamente sconsigliato ai giovani e ai non fumatori. Se il target informativo è corretto, l’incidenza di uso nei giovani è veramente bassa, quindi credo sia un problema di strategie e di comunicazione”.

In un editoriale di Nature del 2023 gli autori sottolineano che “esistono numerose prove del fatto che le sigarette elettroniche possono aiutare alcune persone a smettere di fumare, pertanto dovrebbero essere maggiormente consigliate come strumenti per smettere di fumare”.

Se il prodotto si rivolge al pubblico per cui è davvero destinato – i fumatori adulti – può anche verificarsi un fenomeno mai osservato con altri strumenti di cessazione: l’interruzione del fumo tra persone che non avevano intenzione di smettere. “Nel 2013 abbiamo pubblicato uno studio randomizzato, controllato e di alta qualità (uno dei primi al mondo all’epoca) sull’uso delle sigarette elettroniche”, racconta Riccardo Polosa, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università di Catania. “Abbiamo registrato un successo nella cessazione del fumo nel 10% dei partecipanti che non avevano intenzione di smettere di fumare e che si erano indirizzati a noi perché volevano provare un prodotto innovativo”.

Aromi per uno switch efficace e duraturo

Questi risultati trovano conferma negli studi sulla popolazione: “Le ricerche condotte in America, Inghilterra e Nuova Zelanda, dove sono state portate avanti delle politiche di promozione della sigarette elettroniche hanno mostrato un’accelerazione nel declino della prevalenza nell’uso del fumo di sigaretta. Secondo me questa è la prova che la sigaretta elettronica è un ottimo presidio per smettere di fumare”.

Gli aromi, in questo processo, svolgono un ruolo fondamentale. “Un’indagine condotta su quasi 70.000 svapatori adulti ha evidenziato che gli aromi più utilizzati per smettere di fumare sono quelli alla frutta, ai prodotti da forno e al cioccolato. Gusti considerati utili anche per prevenire e diminuire il rischio di ricadute”.

Umberto Roccatti, Presidente di ANAFE Confindustria conferma questi dati. “Si denota circa un 40% di consumo di liquidi aromatizzati al tabacco e un 40% di consumo di liquidi aromatizzati ai gusti fruttati; rimane un 20% di gusti dolci, balsamici”. Secondo Roccatti questi dati ci danno indicazioni sulla funzione degli aromi. “Chi vuole smettere di fumare non cerca un semplice palliativo. Si tratta di persone che amavano le sigarette, che hanno bisogno di un qualcosa che dia soddisfazioni, ma li allontani dal gusto del tabacco per far sì che lo switch sia efficace e duraturo nel tempo”.

I pericoli del mercato nero

Il prodotto è presente in Italia da oltre 15 anni e il suo mercato è maturo e regolamentato. “C’è una normativa all’avanguardia a livello europeo – continua Roccatti – In Italia i prodotti possono essere venduti solo attraverso tabaccherie, negozi specializzati o farmacie. Quelli immessi sul mercato devono superare test di analisi chimico-fisica dei liquidi e test chimici sulle emissioni per oltre sei mesi, quindi c’è una protezione assoluta del consumatore”.

Secondo il Presidente ANAFE vietare gli aromi non metterà in salvo i giovani ma al contrario esporrà loro e i fumatori adulti al rischio ben più grave di usare canali illegali e non sicuri per accedere alle sigarette elettroniche. “In Olanda, dove vige un flavour ban, attualmente l’83% dei consumatori compra online e sui canali social illegali, dove sono presenti molti prodotti non testati e non sicuri”. Per questo la soluzione potrebbe non essere una nuova legge, ma il rispetto di quelle esistenti.

“Le politiche sanitarie nazionali dovrebbero tener conto del fatto che l’offerta di cessazione – che è sempre la strategia principale da portare avanti – fallisce nella stragrande maggioranza dei casi. Quindi un approccio basato sul principio della riduzione del rischio è raccomandabile se si vogliono raggiungere, per esempio, gli obiettivi del Piano europeo per la lotta contro il cancro che prevede una riduzione dei fumatori al 5% entro il 2040. Gli aromi in questo caso giocano un ruolo fondamentale ed è bene differenziare le politiche di sostegno agli adulti che vogliono smettere di fumare dalla protezione dei minori”.

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