Si chiama Pax7 ed è una molecola in grado di rendere accessibili ben 2.500 siti del Dna e permettere la lettura di informazioni ad oggi sconosciute. A scoprire la funzione di questa molecola già nota agli addetti ai lavori è stato un gruppo di ricercatori dell’Università canadese di Montreal coordinati da Jacques Drouin.
Lo studio
Come descritto su Nature Genetics, i ricercatori hanno studiato la chiave del genoma all’interno di due tipi di cellule dell’ipofisi, la ghiandola che si trova alla base del cervello e che regola molti processi fisiologi importanti. La chiave molecolare Pax7, aprendo il Dna, rende accessibili 2.500 siti. “Si tratta di un numero impressionante che dimostra l’importanza di Pax7 nello sviluppo embrionale”, ha detto il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Roma Tor Vergata. La molecola era già nota e “con questo nuovo studio, complesso e molto ben fatto, abbiamo ora iniziato a capire come Pax7 fa il proprio lavoro”, ha aggiunto.
Ogni cellula ha lo stesso corredo di geni e quello che distingue, ad esempio, una cellula del cuore da una della pelle, è il tipo di geni accesi. A regolarne l’attivazione è un gruppo di molecole chiamate fattori di trascrizione che, come traduttori di best seller stampati in più lingue, aiutano a decodificare il Dna. Ma prima devono accedere alle istruzioni. Pax7 rende questo possibile, aprendo il genoma e aiutando a sbrogliare l’intricata matassa del Dna. “Possiamo considerare Pax7 il sarto che spoglia il Dna, gli permette di cambiare abito e in questo modo – ha spiegato Novelli – influenza il destino di una cellula, indirizzandola a prendere una certa via di sviluppo”.
Perché i tessuti si sviluppino correttamente, infatti, i geni devono essere attivati nel momento giusto e nel posto giusto. quindi importante il ruolo di un ‘coreografo’ come Pax7. Un suo difetto – ha rilevato – potrebbe ad esempio attivare geni sbagliati e formare tumori”. Il passo successivo sarà trovare le molecole che lavorano con Pax7 per accedere a parti nascoste del Dna. Una caccia al tesoro che per Novelli “potrebbe aprire la strada a nuove terapie rigenerative con staminali, aiutandoci a capire come indirizzare la specializzazione di queste cellule in provetta”.