(Reuters Health) – La terapia sostitutiva genica con voretigene neparvovec migliora la sensibilità alla luce e il campo visivo in modo sicuro nei pazienti affetti da distrofia retinica dovuta alla mutazione del gene RPE65. E’ quanto emerge da un trial clinico di fase III coordinato da Stephen Russell, della Università dell’Iowa. I risultati sono stati pubblicati su Lancet.
Lo studio
I ricercatori hanno arruolato per lo studio persone tra i quattro e i 44 ann,i con la mutazione del gene su due alleli. I partecipanti allo studio avevano un’acuità visiva di 20/60 o inferiore, un campo visivo inferiore a 20 gradi in qualsiasi meridiano o entrambi i fattori. Inoltre, avevano una retina sufficientemente funzionale da poter svolgere i test standardizzati di mobilità multi-luminanza (MLMT) all’interno dell’intervallo di luminanza valutato. Complessivamente, sono stati presi in considerazione 31 pazienti, di cui 21 trattati con la terapia genica. Chi valutava l’esito della terapia non sapeva a che gruppo era assegnato il paziente da visitare. Il gruppo trattato ha ricevuto iniezioni bilaterali e l’endpoint primario era il cambiamento nella visione funzionale a livelli di luce specificati, a un anno dalla terapia.
Dai risultati è emerso che il punteggio medio di cambiamento nel test MLMT era significativamente maggiore nel gruppo trattato rispetto al controllo, pari a 1,8 rispetto a 0,2. In tutto, il 65% delle persone trattate, ma non i controlli, avrebbero mostrato il massimo miglioramento possibile passando al più basso livello di luminosità testato con MLMT. Inoltre, non ci sarebbero stati eventi avversi gravi o risposte immunitarie dannose.
Secondo Helena Lee, dell’Università di Southampton, in Gran Bretagna, che ha scritto un editoriale che accompagnava l’articolo, si tratta di un risultato atteso dai medici che curano questa patologia. “La standardizzazione della produzione della terapia, del dosaggio, della tecnica di somministrazione è un punto di forza dello studio”, sottolinea l’esperta “resta da confermare se fare il trattamento prima possa aumentarne l’efficacia e se determinati sottotipi di mutazioni geniche possano avere una prognosi migliore. In ogni caso, “non possiamo dire per quanto tempo sarà efficace il trattamento”.
Fonte: Lancet
Lorraine Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)