Una dieta ricca di fibre altamente raffinate può aumentare il rischio di tumore del fegato, soprattutto in persone che hanno deformità a livello vascolare, note come shunt portosistemici, in cui il sangue dall’intestino bypassa il fegato. È quanto osservato da un team dell’Università di Toledo, in Spagna, guidato da Matam Vijay-Kumar, che ha pubblicato una ricerca su Gastroenterology.
Secondo gli autori, molti consumano comunemente cibi arricchiti di fibre per perdere peso e prevenire malattie croniche come diabete. Tuttavia, in alcune persone, soprattutto in quelle con deformità vascolari silenti, il consumo di fibre altamente raffinate può aumentare il rischio di tumore del fegato.
L’evidenza arriva dal proseguimento di un lavoro condotto su animali da laboratorio che aveva fatto emergere come gli animali nutriti con l’inulina (un carboidrato presente in diversi alimenti di origine vegetale) in un caso su dieci sviluppavano tumore del fegato.
Proseguendo le ricerche, il team ha scoperto che tutti gli animali da laboratorio che sviluppavano neoplasie maligne avevano elevate concentrazioni di acidi biliari nel sangue, dovuti a precedenti difetti congeniti non evidenziati, gli shunt portosistemici.
Normalmente il sangue che lascia l’intestino va nel fegato dove viene filtrato prima di tornare a resto dell’organismo. Quando, però, c’è uno shunt portosistemico, il sangue dall’intestino è deviato e non passa per il fegato, andando di nuovo nel circolo sanguigno generale. Il difetto vascolare porta anche a un continua sintesi di acidi biliari da parte dei fegato, acidi che entrano in circolo invece di andare nell’intestino.
L’ipotesi dei ricercatori spagnoli è che il sangue deviato, che contiene elevati livelli di prodotti microbici, possa stimolare il sistema immunitario e causare infiammazione; infiammazione che, a sua volta, determinerebbe una riduzione della capacità dell’organismo di rilevare e uccidere le cellule tumorali. E mentre tutti gli animali con acidi biliari in eccesso nel sangue erano predisposti a danni al fegato, solo quelli nutriti con inulina progredivano a carcinoma epatocellulare, una forma di cancro primario del fegato.
Gli shunt portosistemici, in realtà, sono relativamente rari nell’uomo, uno ogni 30mila persone alla nascita e non danno sintomi particolari. Il team di ricerca ha valutato, quindi, i livelli di acidi biliari in campioni di siero da uomini inclusi in un ampio studio di prevenzione sul cancro. Su 224 uomini che sono andati incontro a tumore, i livelli al baseline di acidi biliari nel sangue erano il doppio rispetto a chi non andava incontro a tumore del fegato. Infine, le persone con i livelli più alti di acidi biliari avevano un rischio di quattro volte più alto di sviluppare tumore del fegato.
Fonte: Gastroenteorolgy 2022