C’è chi accusa gli smartphone di generare dipendenze, sindromi e paure (nomofobia, ringxiety, vamping, fomo), e chi vede nei device possibilità straordinarie per la medicina del futuro, come analizzare il modo in cui maneggiamo il ‘telefonino’, battiamo sui tasti o persino la parlata, per ottenere indicazioni utili a diagnosticare problemi che vanno dalla depressione all’Alzheimer.
Alcune start up, stanno cercando di sfruttare questi fenomeni per sostituire i test tradizionali, e tre in particolare hanno già raggiunto il mercato. Secondo gli esperti di Mindstrong Health, compagnia della Silicon Valley, più che puntare sul ‘quanto’ si usa lo smartphone, cercando ad esempio di capire se periodi in cui si è poco sui social o non ci si muove corrispondano a problemi mentali, è meglio concentrarsi sul ‘come’. “Ho una vita piuttosto impegnata – spiega Paul Dagum, ad della compagnia – Il sabato, quando non ricevo chiamate o email e sono in soggiorno a leggere un libro, non sono depresso ma felice”. I test condotti dalla compagnia hanno dimostrato che il ritmo con cui si scrive o si aprono e chiudono le app è molto più indicativo. “Queste interazioni – precisa il ceo – misurate in millisecondi, sono predittive dello status cognitivo ed emozionale”. La app sviluppata di conseguenza è già in uso in diversi test clinici su schizofrenia, depressione e stress post traumatico, e anche in un progetto su 4.000 donne per scovare la depressione post parto.
Un principio simile, ma applicato alle tastiere dei computer, è sfruttato dalla Neurametrix, che ha ideato una app, già disponibile al pubblico, che promette di trovare i segni di Alzheimer, Parkinson e depressione, analizzando il moto delle dita. “L’importante non è la velocità con cui si scrive – spiega Jan Samzelius, l’ideatore – Se si è in salute il ritmo che si usa è lo stesso per tutto il giorno e per tutti i giorni della settimana, perché è una abitudine radicata nel cervello. Ma quando il cervello è colpito da una malattia questa ripetitività si interrompe“.
Anche il semplice suono della voce, spiegano gli esperti di WinterLight Labs, se analizzato può dare indizi molto importanti sullo stato psicologico di una persona. La ricerca, partita da 400 variabili nel modo di parlare seguite a livello mondiale, ne ha isolate 30 indicative dell’Alzheimer, e altre per depressione e Parkinson. La app creata di conseguenza è già in uso da parte di alcune aziende farmaceutiche per valutare l’andamento delle terapie, ed è pronta anche una versione per case di riposo e medici per valutare la progressione della malattia senza ricorrere ai test tradizionali, che di solito sono questionari compilati con carta e penna.