(Reuters Health) -Sarebbero più di una dozzina i geni direttamente coinvolti nello sviluppo del diabete di tipo 2. Geni che potrebbero essere utilizzati come target farmacologici. È il risultato di un vasto studio condotto su 120 mila persone provenienti da Europa, Asia, Africa e America. La ricerca, che ha coinvolto più di 300 esperti, è stata pubblicata su Nature. Ricerche precedenti avevano evidenziato più di 80 punti del genoma che potevano essere correlati allo sviluppo del diabete, ma molti di questi erano ‘errori’ comuni, il che vuol dire che capitano frequentemente nella popolazione e consentirebbero di individuare solo una piccola parte di persone a rischio.
Lo studio
Attraverso il genome-wide association studies (GWAS), che utilizza una tecnologia che analizza migliaia di geni alla volta, i ricercatori hanno esaminato il DNA di persone con una malattia specifica, paragonandolo a quello di gruppi simili di persone sane. In particolare, attraverso tecniche di sequenziamento genico di ultima generazione, è stato esaminato il codice genetico di 2.657 persone con e senza diabete, per valutare il contributo sia di geni rari che di geni comuni nell’insorgenza di questa malattia. I ricercatori hanno anche sequenziato tutti i geni responsabili della produzione di proteine di 12.940 persone e hanno utilizzato un metodo statistico per valutare il rischio di diabete in 111.548 persone.
Sicuramente, secondo i ricercatori, gran parte del rischio genetico di soffrire di diabete di tipo 2 sarebbe causato da errori comuni nel DNA, con ogni errore coinvolto nell’individuazione di una piccola quota di persone a rischio. “Ma ciò che questa ricerca sottolinea in modo chiaro – ha sottolineato Francis Collins, Direttore dei National Institutes of Health e ricercatore coinvolto nello studio – è che la stragrande maggioranza delle varianti ereditarie sono proprio quelle comuni, mentre quelle rare forniscono un contributo minore”. Lo studio ha anche evidenziato una dozzina di varianti che alterano la produzione di proteine e che potrebbero avere un impatto diretto sullo sviluppo del diabete di tipo 2.
Ad essere critico nei confronti dello studio è stato il genetista David Goldstein, della Columbia University, secondo il quale queste ricerche sarebbero in realtà uno spreco di risorse, dal momento che riescono ad evidenziare solo varianti comuni responsabili di una piccola quota di rischio della malattia. Goldstein è infatti convinto che i fattori genetici realmente importanti, coinvolti in malattie comuni come diabete e schizofrenia, si trovino di più nei geni rari piuttosto che in quelli distribuiti in una larga popolazione di persone.
Fonte: Nature 2016
Julie Steenhuysen
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)