Dermatite atopica: patologia invalidante per 35.500 italiani di cui 8.000 gravi

Prurito, lesioni cutanee, escoriazioni, infezioni, difficoltà relazionali. Di questo è fatta la vita della persona con dermatite atopica (DA), malattia che interessa in Italia più di 35.500 adulti di cui 8.000 con forma grave. Semplici compiti della vita di tutti i giorni possono diventare per il paziente con DA un vero e proprio problema. Secondo una recente indagine condotta dalla società Stethos sulla dermatite atopica grave dell’adulto atta a far luce sugli aspetti sociali della malattia, il 28% del campione ha confessato di non poter lavare i piatti e di evitare l’utilizzo di detersivi, e un 43% di non poter sostare in ambienti polverosi. Anche le stagioni vanno ad interferire con le abitudini dei pazienti e quello che è un banale maglione di lana da indossare nei mesi freddi, per la persona con dermatite atopica si trasforma in un nemico della pelle. Il 40% dei pazienti non può indossare indumenti di lana a causa dell’irritazione derivante dal contatto della pelle con il tessuto. Inutile dire che le ripercussioni sulla vita quotidiana sono devastanti e ne deriva un effetto a catena di rinunce che va a compromettere seriamente le relazioni sociali. Il 67% delle persone colpite ha dichiarato di doversi assentare dal lavoro a causa del mancato riposo notturno per il prurito.

Ma cos’è nello specifico la dermatite atopica? “La DA è una patologia infiammatoria cronica prevalentemente cutanea che, a volte, si manifesta insieme con altre malattie di tipo cosiddetto allergico come asma o rinite allergica ed è piuttosto frequente nei bambini”, ha specificato Antonio Costanzo, Responsabile Dermatologia Humanitas University. “Nell’80% dei bambini la malattia progressivamente scompare e rimane quel 20% in cui la malattia persiste anche nell’età adulta. A volte la DA può però colpire direttamente l’adulto, con un’incidenza di circa il 2-3% della popolazione. È una malattia che ha un impatto importante sulla qualità di vita dei pazienti perché fortemente pruriginosa e si manifesta in zone visibili come mani, collo, volto”, prosegue l’esperto. Ciò ovviamente ha un impatto devastante sulla vita quotidiana di queste persone. Sempre dalla studio Stethos è infatti emerso che il 54% degli intervistati evita le piscine e il 48% le palestre, in quanto fortemente a disagio.

“Il sintomo più importante della patologia è il prurito e come abbiamo visto questo è particolarmente impattante durante la notte alterando il sonno dei pazienti. Si calcola che più della metà dei pazienti affetti da DA grave dell’adulto abbia il sonno disturbato per almeno 190 giorni ogni anno”, ha proseguito Costanzo. All’origine della malattia ci sono fattori immunologici e non. Le ricerche scientifiche più recenti hanno identificato nella predisposizione genetica e nei fattori ambientali le due principali cause. Nelle persone con predisposizione genetica la risposta dell’organismo a uno stimolo ambientale può scatenare la malattia atopica. Una storia familiare di malattia atopica rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di questa condizione. Un bambino con un genitore atopico ha 1 probabilità su 4 di diventare lui stesso un soggetto atopico, probabilità che raddoppia quando entrambi i genitori soffrono di malattie atopiche. La dermatite atopica, è la forma più comune di eczema ed è strettamente legata a febbre da fieno e asma; se uno dei due genitori o entrambi soffrono di una di queste patologie, ci sono più probabilità che il bambino sviluppi DA. Anche clima e area geografica svolgono un ruolo importante: si calcola infatti che nelle zone con climi più rigidi e nelle città più inquinate ci sia maggiore insorgenza.

La vita del paziente con dermatite atopica non si può programmare; ogni giorno non è mai uguale all’altro. Comincia con un risveglio, se si è riusciti a dormire, problematico e la prima cosa è andare davanti allo specchio per verificare se la malattia, durante la notte, ha aggravato la situazione. “Mi alzavo al mattino e la prima cosa che provavo a fare era cercare, aiutandomi con le mani, di aprire gli occhi cosparsi da siero induritosi nelle ore notturne. Poi, davanti allo specchio, cercavo di capire se la mia malattia aveva avuto delle riacutizzazioni notturne o se, molto banalmente, il prurito, non dandomi tregua, aveva fatto sì che mi aprissi numerose ferite nel grattarmi e mi portassi via croste che già avevo”. A parlare è Lorena Marchetti, paziente con dermatite atopica grave di 49 anni che ha scelto di diventare la voce di tante persone come lei.

“Io convivo con questa patologia dalla nascita – ha proseguito Lorena – All’epoca non ricevetti subito la diagnosi corretta e la malattia venne curata come crosta lattea, naturalmente senza effetti. Nella mia vita ho incontrato più o meno 70 specialisti tra allergologi e dermatologi, la maggior parte in strutture private. Spendo circa 1.000 euro all’anno solamente di prodotti tra creme, cortisonici, antistaminici e detergenti per il corpo. Mi ritengo una persona fortunata, ma per una famiglia media italiana i costi di questa patologia possono essere proibitivi. Se non sei messo nelle condizioni giuste per poterti curare nel migliore dei modi, o per curare tuo figlio, il rischio è quello di affidarsi a qualunque strada che ti dà un barlume di speranza”, ha concluso.

Quali sono i mezzi a disposizione dei clinici per curare questa patologia? Le terapie attualmente disponibili sono per la maggior parte di natura topica e tendono a non interferire con il meccanismo patogenetico di base della malattia. “Soprattutto per le forme severe – prosegue Costanzo – possiamo utilizzare degli immunosoppressori, farmaci che bloccano una parte del sistema immunitario che è causa della malattia. Questi farmaci non possono però essere utilizzati a lungo in quanto provocano degli effetti collaterali e a volte hanno una tossicità d’organo che porta a eventi avversi. La malattia però è cronica e quindi deve essere trattata di conseguenza cioè su lungo periodo. La ricerca è riuscita però a sviluppare un anticorpo monoclonale in grado di bloccare il recettore delle citochine interleuchine 4 e 13 che svolgono un ruolo chiave nella patogenesi della malattia. Nello specifico il farmaco è indicato per il trattamento della dermatite atopica grave dell’adulto non rispondente al trattamento con immunosoppressori. Ciò che sappiamo dagli studi clinici e dall’esperienza dei colleghi in Germania, dove il farmaco è in commercio, è che questo medicinale bloccando un punto chiave della patogenesi della malattia ha un effetto molto importante sul miglioramento del prurito, esiti di risoluzione delle chiazze cutanee e di miglioramento del sonno in più del 50% dei pazienti. L’auspicio – conclude Costanzo – è che questo farmaco arrivi presto anche in Italia”.

Avere un quadro ben chiaro di tutto ciò che comporta quindi questa patologia in termini di ore perse dal lavoro, tempo speso alla cura della malattia, numero di visite che, annualmente a seconda della gravità della malattia vanno da 4 a 7, spesa per i farmaci, ha un impatto importante sulla corretta gestione del paziente dal parte del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). I pazienti e le Associazioni, prima fra tutte ANDeA – Associazione Nazionale Dermatite Atopica – che da poco ha compiuto un anno, chiedono infatti che tale patologia venga riconosciuta dal Ssn come invalidante e che venga inserita nei LEA per poter fare in modo che il paziente non debba più trovarsi ad affrontare da solo le spese legate alla gestione della malattia.

“Come ANDeA abbiamo, in questo anno di vita, portato avanti numerose attività, da protocolli d’intesa siglati con le maggiori società scientifiche dermatologiche e allergologiche a iniziative per sensibilizzare il grande pubblico, volte a spostare l’attenzione comune sul paziente con dermatite atopica”, ha precisato Mario Picozza, Presidente di ANDeA. L’importanza svolta dall’Associazione si vede anche dai positivi risultati che sono emersi da una recente Survey, denominata #DAVoce, realizzata proprio per avere una migliore consapevolezza di quello che è il panorama della dermatite atopica. “Su 201 rispondenti, la maggior parte ha dichiarato di spendere all’anno circa 1.400 euro per la gestione della malattia, quasi il 50% dedica da 1 a 3 ora alla propria cura personale e più del 40% ha dichiarato di passare notti insonni a causa del prurito provocato dalla patologia”, ha proseguito. I dati acquistano ulteriore peso se pensiamo al fatto che “più dell’80% dei rispondenti ha dichiarato di non essere assolutamente soddisfatto dai trattamenti attualmente in commercio”, ha concluso. Avere anche accesso a terapie innovative, disponibili per esempio in altri Paesi Europei e oltre oceano, sarebbe un altro importante traguardo al quale aspirano i pazienti tutti.

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