(Reuters Health) – Nei pazienti con diabete mellito (DM) e depressione, il consumo di antidepressivi sarebbe associato ad un rischio ridotto di mortalità. Questi i risultati di uno studio retrospettivo pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
“I nostri dati forniscono ulteriori prove a supporto dell’importanza dello screening e del trattamento della depressione nelle persone con diabete mellito”, ha osservato Vincent Chin-Hung Chen della Chang Gung Medical University di Taiwan, autore principale dello studio.
I pazienti affetti da DM presentano un rischio più elevato di sviluppare un disturbo depressivo maggiore e, entrambe le condizioni, contribuiscono indipendentemente all’aumento della mortalità, scrivono Chen e colleghi nel loro rapporto.
Lo studio
I ricercatori hanno esaminato un campione di 53.412 pazienti con DM a cui è stata diagnosticata la depressione dopo il 2000. Tra questi, 50.532 erano trattati con antidepressivi. I pazienti sono stati seguiti fino al 2013 o alla loro morte.
I pazienti trattati con antidepressivi erano in media più giovani, con un status socioeconomico migliore e vivevano in città. Ad un aumento dell’esposizione cumulativa totale alla dose degli antidepressivi, corrispondeva una diminuzione della mortalità.
L’effetto è diventato statisticamente significativo con una dose cumulativa definita giornaliera (cDDD) superiore a 28. Con una cDDD superiore a 84, la mortalità era inferiore del 35%.
Gli autori hanno osservato una riduzione significativa della mortalità con una cDDD maggiore o uguale a 84 della maggior parte dei farmaci: gli inibitori selettivi del recettore della serotonina, della norepinefrina, la mirtazapina, gli antidepressivi tricicli o tetraciclici e il trazodone. La mortalità era invece più alta con dosi basse o alte di monoammina ossidasi A.
“La ricerca mette in luce un’associazione e non una relazione causa-effetto, quindi i risultati dovrebbero essere interpretati con cautela”, ha affermato Chen. “Servono altri studi che replichino i risultati, soprattutto ricerche condotte in paesi diversi. Inoltre occorrono prove cliniche più dirette e ricerche di base che confermino questa associazione”.
Fonte: J Clin Endocrinol Metab 2019.
Anne Harding
(Versione italiana per Quotidiano Sanità/Popular Science)