La nebbia potrebbe diventare una fonte di acqua pura, il tutto grazie ad un dispositivo a maglie in grado di catturare l’umidità che si ispira ad una pianta del deserto cileno di Atacama, la Tillandia landebeckii. A realizzare la tecnologia sono stati i ricercatori dell’università cilena Adolfo Ibanez, di Vina del Mar, e le sue maglie sono in grado di raccogliere una grande quantità di acqua.
“E’ dagli anni ’60 che si è capito il potenziale della nebbia come possibile fonte d’acqua”, precisa Juan de Rios, dell’Università Cattolica di Santiago. In Cile ci sono stati diversi progetti nei quali sono state installate le maglie di tipo tradizionale in varie aree, soprattutto a Nord, dove c’è meno acqua.
“Tutti però – prosegue – sono finiti dopo poco tempo perché fatti in comunità povere, che non hanno fatto manutenzione. Inoltre sono mancate le imprese disposte a investire. Perciò allo stato attuale l’acqua di nebbia è piuttosto cara da produrre perché servono grandi superfici per catturare pochi litri d’acqua, che però una volta raccolta è già buona da bere, senza bisogno di trattamenti”, prosegue.
Per cercare di migliorarne la resa delle maglie e renderle più appetibili per il mercato, i ricercatori guidati da Jacques Dumais hanno studiato una pianta che cresce nel deserto di Atacama, la Tillandia landebeckii. “E’ una pianta senza radici, che riesce a crescere dove nemmeno ci sono i cactus e la cui fonte d’acqua è appunto la nebbia”, sottolinea Dumais.
Studiandola, i ricercatori hanno capito quali sono le caratteristiche che le consentono di catturare l’acqua in modo efficiente: ha rami molto fini, è tridimensionale, assorbe e immagazzina l’acqua senza perderla, grazie ad una sorta di pellicola che la avvolge. “Con il nostro prototipo di 1 metro quadrato – osserva – siamo riusciti a migliorarne il rendimento, raccogliendo in 2 settimane 85 litri, contro i 20 che si raccolgono con le maglie in uso”. Il prossimo passo sarà trovare imprese che vogliano investire studi su scala maggiore.