(Reuters) – Sebbene le persone che si ammalano di COVID-19 acquisiscano difese immunitarie che li proteggono contro la reinfezione, la vaccinazione può fornire loro una protezione in più, soprattutto contro la malattia grave. A evidenziarlo sono due studi pubblicati su The Lancet Infectious Diseases.
Il primo studio, condotto in Brasile su 22.566 persone guarite dal COVID-19, ha rilevato che tutti i vaccini in uso nel paese dell’America Latina forniscono una protezione aggiuntiva significativa sia contro la reinfezione – che con il vaccino Pfizer/BioNTech è arrivata al 64,8% – sia contro il ricovero o la morte, che sempre con il vaccino a mRNA è arrivata all’89,7%.
Il secondo studio, invece, usando dati relativi a oltre cinque milioni di persone in Svezia, ha rilevato che ‘l’immunità ibrida’, derivante dalla combinazione di una precedente infezione e una o due dosi di vaccino, fornisce una protezione aggiuntiva per almeno nove mesi.
Nessuno dei due studi, però, ha incluso pazienti infettati dalla variante Omicron.
Fonte: Reuters
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
Con tutto il rispetto dei lavori su The Lancet, ad oggi, le indagini sull’immunità adattativa A SARS-CoV-2 nell’ambito di una popolazione sono fatte quasi esclusivamente mediante i test per gli anticorpi IgG che legano la proteina spike e/o neutralizzano il virus. Questo rende piuttosto parziali le nostre valutazioni perché sappiamo molto poco dell’incidenza dei fattori cellulari, o meglio, non abbiamo dati precisi sull’incidenza percentuale nella popolazione degli effetti cellulari.
Un’analisi corretta per comprendere la durata delle risposte immunitarie dovrebbe comprendere anche la risposta delle cellule T agli antigeni SARS-CoV-2 dopo l’infezione e/o la vaccinazione e quanto esse migliorino la clearance virale immuno-mediata.
Purtroppo i metodi esistenti sono indaginosi e lunghi, per cui un loro miglioramento è auspicabile per misurare l’immunità dei linfociti T rapidamente su vasta scala nella popolazione. Solo così potremmo avere un profilo più completo e attendibile dello stato immunitario, ovviamente per programmare adeguatamente le politiche e gli interventi di salute pubblica. In particolare dai 60 in su è ancora tutto da scoprire e capire. Recenti ricerche hanno solidamente dimostrato che intorno ai 60 si ha un brusco cambiamento dell’energetica mitocondriale (in diminuzione) e senza energia l’organismo può fare molto meno, difese comprese. Del resto i 100 – 150 morti di ogni giorno che continuiamo ad avere in Italia sono per la maggioranza over 60. Una parte dei più giovani e degli asintomatici “paga … pegno” solo dopo qualche mese.