(Reuters Health) – Secondo un nuovo studio, lo shutdown della fibrinolisi predice eventi tromboembolici e insufficienza renale di nuova insorgenza nei pazienti con COVID-19 grave.
“Riteniamo che i pazienti con shutdown della fibrinolisi siano esposti al massimo rischio di coaguli micro- e macrovascolari”, osserva Franklin L. Wright dello University of Colorado Anschutz Medical Campus di Aurora. “La profilassi convenzionale per la trombosi venosa profonda (DVT) probabilmente è inadeguata e sono necessari ulteriori studi sulla somministrazione precoce di anticoagulanti a scopo terapeutico o di terapie trombolitiche per stabilire se un trattamento più aggressivo può ridurre il rischio di complicanze da formazione di coaguli”.
I pazienti affetti da COVID-19 con tempo di protrombina, D-dimero e prodotti di degradazione della fibrina aumentati prsentano una sopravvivenza ridotta. In altri contesti, l’ipercoagulabilità, come dimostrata tramite tromboelastografia (TEG), ha previsto in modo affidabile eventi tromboembolici.
Lo studio
IWright e colleghi hanno testato in 44 pazienti con COVID-19 documentato la loro ipotesi che anomalie nei parametri della TEG si correlassero al rischio di tromboembolia.
Tutti questi pazienti, tranne tre, hanno richiesto la ventilazione meccanica, 16 hanno avuto un’insufficienza renale acuta che ha reso necessaria la dialisi, 11 hanno subito un evento tromboembolico venoso (VTE) e sei un ictus trombotico.
Tra le anomalie nella coagulazione figuravano un elevato livello di D-dimero, un elevato fibrinogeno e PT e aPTT leggermente elevati, oltre a variabili della TEG in linea con uno stato di ipercoagulabilità.
L’unica variabile significativamente associata a VTE era la mancanza di lisi a 30 minuti (LY30) nella TEG.
Più della metà di questi pazienti (57%) presentava shutdown della fibrinolisi in base alla presenza di un elevato D-dimero e a una scarsa attività fibrinolitica.
I pazienti con shutdown della fibrinolisi avevano un tasso di VTE del 40%, rispetto al 5% dei pazienti senza shutdown (P=0,013).
Le uniche variabili significativamente associate alla nuova necessità di dialisi erano D-dimero e angolo nella TEG.
I pazienti con un livello di D-dimero > 2.600 ng/ml e una LY30 dello 0% presentavano un tasso di VTE del 50% e un tasso di necessità di dialisi dell’80%, rispetto allo 0% e al 14% nei pazienti senza nessuno dei due fattori di rischio.
“La TEG, insieme al D-dimero, sembrano essere marcatori sensibili di gravità della malattia, che dovrà essere studiato in modo prospettico”, concludono gli autori.
Fonte: Journal of the American College of Surgeons
Will Boggs
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)