(Reuters Health) – I pazienti oncologici sono esposti a un rischio aumentato di sviluppare una forma grave e di morire per infezione da Coronavirus. Secondo il primo rapporto del COVID-19 and Cancer Consortium (CCC19), il tasso grezzo di mortalità per i pazienti con cancro e COVID-19 è pari al 13%.
“Si tratta di circa il doppio di quello per tutti i pazienti del mondo, che si attesta a circa il 6,5%”, ha detto Jeremy Warner della Vanderbilt University di Nashville, Tennesse, in occasio del meeting annuale virtuale dell’American Society of Clinical Oncology. (ASCO). I risultati sono stati pubblicati contemporaneamente anche su The Lancet.
Essi si basano su 928 pazienti presenti nel registro del CCC19 con malignità attiva o pregressa e infezione confermata da Sars-CoV-2 provenienti da Stati Uniti, Canada e Spagna. L’età media della coorte era 66 anni (il 30% aveva un’età pari o superiore a 75 anni), la metà era di sesso maschile, il 50% caucasici, il 16% afroamericani e un altro 16% ispanici.
Le malignità più comuni erano tumore al seno (21%), tumore alla prostata (16%), tumore gastrointestinale (12%), linfoma (11%) e tumore toracico (10%). Il 45% dei pazienti era in remissione e il 43% presentava un cancro attivo. Di quelli con cancro attivo, il 74% aveva una malattia stabile o rispondente e il 26% una malattia in evoluzione al momento della diagnosi di COVID-19.
Il 39% dei pazienti ha ricevuto una terapia antitumorale entro quattro settimane dalla diagnosi di COVID-19, con il 44% che ha ricevuto una terapia citotossica e il 56% altre terapie antitumorali.
Le evidenze
Al 7 maggio, 121 pazienti (13%) erano deceduti entro 30 giorni dalla diagnosi di COVID-19. Dopo un aggiustamento parziale per alcuni fattori al basale, i pazienti con cancro in evoluzione avevano 5,2 volte più probabilità di morire entro 30 giorni rispetto a quelli in remissione o senza evidenza di malattia.
Altri fattori indipendenti associati all’aumentata mortalità a 30 giorni includevano l’età avanzata (odds ratio, 1,84 per 10 anni), il sesso maschile (OR, 1,63), l’essere stati fumatori (OR, 1,60), il numero di comorbilità (due vs nessuna o una: OR, 4,50), performance status pari o superiore a 2 nell’Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG) (vs. 0 o 1: OR 3,89).
L’uso di azitromicina in associazione a idrossiclorochina per trattare il COVID-19 si correlava al triplo di probabilità di morire a 30 giorni (OR, 2,93).
Nella sua presentazione all’ASCO, Warner ha avvertito che questo risultato ha una “validità incerta a causa dell’alto rischio di confusione residua. Ad esempio, i pazienti riceventi la combinazione azitromicina- idrossiclorochina avevano maggiori probabilità di essere affetti da una malattia grave o di essere ricoverati. “Non è stato osservato alcun aumento significativo del rischio con l’uso di ciascuno dei due farmaci in monoterapia”, ha sottolineato Warner.
Il tipo di terapia antitumorale e un recente intervento chirurgico non si associavano a mortalità. Ciò indica che “resezioni chirurgiche curative, chemioterapia adiuvante e chemioterapia di mantenimento possono essere erogate durante la pandemia da SARS-CoV-2 con estrema cautela, anche se questo non deve essere interpretato come una raccomandazione”, scrivono Warner e colleghi nell’articolo su The Lancet.
I ricercatori avvertono che sono necessari un follow-up più prolungato e campioni più ampi per comprendere appieno l’effetto degli esiti del SARS-CoV-2 nei pazienti oncologici.
“Si tratta di dati iniziali e in evoluzione e sarà necessario più tempo e un’ulteriore analisi per confermare e commentare questi risultati”, ha aggiunto Warner.
Fonte: The Lancet
Megan Brooks
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)