Colite ulcerosa: un test fecale ne prevede la guarigione

(Reuters Health) – Un team di ricercatori cinesi afferma che un test immunochimico fecale non invasivo è in grado di prevedere con precisione la guarigione della mucosa nei pazienti affetti da colite ulcerosa (UC).”Il test immunochimico fecale (FIT) può prevedere con precisione la guarigione della mucosa non solo a livello endoscopico ma anche a livello istologico”, dice Siew C. Ng dell’UniversitĂ  cinese di Hong Kong, autore dello studio. “La performance è paragonabile a quella della calprotectina fecale (FC), fino ad ora nota come il marker non invasivo piĂą accurato per valutare l’attivitĂ  della malattia”.

Lo studio
Alcuni studi precedenti avevano analizzato l’utilitĂ  del FIT nel valutare la guarigione endoscopica della colite ulcerosa, ma la sua precisione in tal senso non è stata determinata. Ng e colleghi hanno confrontato l’accuratezza del FIT con quella di FC nella previsione della guarigione istologica. Il loro studio prospettico ha coinvolto 140 pazienti con colite ulcerosa.Tra questi pazienti, il 71% era in remissione clinica (anche se il 16% di questi aveva infiammazione della mucosa rilevata endoscopicamente), mentre circa il 30% mostrava segni istologici di infiammazione non visibili all’endoscopia. I risultati di FIT erano correlati significativamente con i risultati colonoscopici, con il punteggio Geboes e con l’indice Nancy, due parametri istologici ampiamente usati. Con l’analisi ROC, l’accuratezza predittiva per la guarigione endoscopica era simile per FIT (AUC = 0.772) e per FC (AUC = 0.793, p = 0.773). FIT e FC hanno anche mostrato analogie nell’analisi di previsione della guarigione istologica utilizzando il punteggio Geboes o l’indice Nancy. Per la previsione della guarigione endoscopica, FIT, con cutoff di 50 ng / mL, mostrava una sensibilitĂ  del 72%, una specificitĂ  del 68% e un valore predittivo positivo dell’82%, rispetto a FC: sensibilitĂ  81%, specificitĂ  71%, valore predittivo positivo 87%. I risultati erano simili per entrambi i metodi anche nella previsione della guarigione istologica. La combinazione tra FIT e FC ha migliorato l’accuratezza della previsione della guarigione istologica e piĂą dell’85% dei pazienti con FIT <50 ng / mL e FC <50 mcg / g hanno ottenuto la guarigione istologica. La colonscopia, comparata con FIT e FC, mostra maggiore sensibilitĂ  e valore predittivo negativo, ma specificitĂ  piĂą bassa e valore predittivo positivo per la guarigione istologica.”Se i nostri risultati verranno convalidati da coorti indipendenti e di maggiori dimensioni, personalmente preferirei utilizzare FIT per monitorare la colite ulcerosa. Ha il vantaggio di essere molto piĂą economico e user-friendly, rendendolo idoneo ad un uso ripetuto in ambito clinico. FC può essere usata in modo intermittente (ad esempio a intervalli di 3-6 mesi) per prevedere la guarigione istologica mentre la colonscopia può essere impiegata principalmente per il follow-up”.

I transcriptional blood biomarker
In un altro rapporto contenuto nella rivista, Azucena Salas e i suoi colleghi del CIBER-EHD di Barcellona descrivono l’utilitĂ  dei transcriptional blood biomarkers come marker surrogati di guarigione della mucosa nella colite ulcerosa. L’analisi microarray ha identificato 122 geni significativamente alterati nella UC endoscopicamente attiva e ha stabilito una correlazione tra l’espressione di quattro geni – HP, CD177, GPR84 e S100A12 – e il grado di attivitĂ  endoscopica.Inoltre, l’alterazione dell’espressione di questi quattro geni è correlata significativamente con i cambiamenti osservati all’endoscopia dopo trattamento con farmaci anti-TNF. “A mio parere – dice Salas –  l’aspetto piĂą interessante della ricerca consiste nel fatto che i biomarcatori identificati sembrano riflettere i cambiamenti individuali dei pazienti nella risposta alla terapia, quindi potrebbero essere utili per il monitoraggio non invasivo dei miglioramenti delle lesioni della mucosa. Penso sia anche importante che i medici comprendano le limitazioni di questi e altri biomarcatori del sangue utilizzati per monitorare la malattia nei pazienti affetti da IBD. La loro principale debolezza risiede nella bassa sensibilitĂ . Non sono in grado di rilevare l’attivitĂ  endoscopica della malattia in tutti i pazienti e in ogni momento. Questo è vero per tutti i biomarcatori ematici conosciuti, e, anche se quelli trascrizionali presentano una sensibilitĂ  leggermente migliore, le differenze non sono eclatanti. Nonostante questo, i biomarcatori trascrizionali del sangue possono aiutare i medici a decidere quando si trovano in situazioni in cui non può essere un’opzione eseguire un esame endoscopico”.

Fonte: J Crohns Colitis 2017

 Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano SanitĂ /Popular Science)

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