Gli ecosistemi ed in particolar modo la fauna non sono solo attaccati in modo diretto dall’innalzamento della temperatura; il conseguente innalzamento del livello dei mari infatti porta ad un drastico aumento di parassiti infestanti in grado di attaccare non solo molluschi e pesci, ma anche uccelli e mammiferi. A rivelarlo è uno studio realizzato da ricercatori delle università di Bologna, del Missouri e della Florida, i cui risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports.
Da tempo gli scienziati sono preoccupati per la possibile diffusione di parassiti marini a seguito dell’innalzamento degli oceani: un fenomeno che potrebbe alterare in modo significativo l’equilibro degli ecosistemi. Poiché però i primi effetti del riscaldamento globale hanno iniziato a mostrarsi solo negli ultimi anni, gli studi realizzati fino ad oggi sono limitati a periodi molto brevi.
Sulle dinamiche legate alla diffusione su grande scala di questi parassiti, occorre osservare il fenomeno in un arco di tempo più esteso. La soluzione individuata dal gruppo di ricerca a guida Unibo arriva dai fossili. “Il record fossile – spiega Daniele Scarponi, ricercatore dell’Alma Mater che ha guidato lo studio – è un archivio delle relazioni parassita/ospite, che può fornire indicazioni sulla risposta delle comunità parassitarie nell’ottica dei futuri mutamenti climatici”.
La ricerca si è concentrata sull’analisi della distribuzione di alcuni parassiti (che appartengono alla classe dei trematodi e alla famiglia Gymnophallidae), all’interno di fossili di conchiglie ritrovati nella fascia costiera a sud del Po in una successione sedimentaria olocenica depositatasi negli ultimi 10.000 anni. Analizzando le tracce fossili lasciate dai parassiti allo stadio larvale sulla superficie interna dei gusci degli antichi molluschi che abitavano la costa romagnola, i ricercatori hanno evidenziato che all’aumentare del livello del mare corrisponde un significativo aumento della presenza di parassiti.