(Reuters Health) – Mentre la mortalità cardiovascolare nei pazienti con scompenso cardiaco è diminuita, i decessi per cause non cardiovascolari sono aumentati negli ultimi anni, con le infezioni protagoniste.
È quanto emerge da uno studio condotto da Kazem Rahimi del George Institute for Global Health dell’Università di Oxford. I risultati sono stati pubblicati su Jama Cardiology in concomitanza con la presentazione al Congresso della Società Europea di Cardiologia a Parigi.
Lo studio
Negli ultimi anni sono stati introdotti numerosi farmaci e dispositivi efficaci nel ridurre la mortalità e il ricovero in ospedale, ma i tassi di mortalità non sono cambiati dai primi anni 2000.
I ricercatori hanno esaminato 86.833 persone con diagnosi di scompenso cardiaco nel 2002-2013 che sono state incluse nel Clinal Practice Research Datalink. Questi pazienti sono stati seguiti fino al 2014.
La mortalità per tutte le cause è leggermente diminuita (rischio relativo per il 2013 rispetto al 2002, 0,94; intervallo di confidenza al 95%, da 0,88 a 1,00), mentre la mortalità cardiovascolare è diminuita in modo più sostanziale (RR, 0,73; IC al 95%, da 0,67 a 0,80).
I decessi dovuti a cause non cardiovascolari, tuttavia, sono aumentati (RR, 1,22; IC al 95%, da 1,11 a 1,33).
La mortalità complessiva è diminuita per i pazienti di età inferiore a 80 anni (RR, 0,79; IC al 95%, da 0,71 a 0,88) ma non per i pazienti più anziani (RR, 0,97; IC al 95%, da 0,90 a 1,06).
Le cause cardiovascolari hanno rappresentato complessivamente il 43% dei decessi nel 2013, mentre le neoplasie hanno rappresentato il 15%, le patologie respiratorie il 12% e le infezioni il 13%.
Gran parte dell’aumento della mortalità non cardiovascolare è stato dovuto a condizioni respiratorie e infezioni.
“Le infezioni sembrano rappresentare il principale fattore alla base del recente aumento della mortalità non cardiovascolare e dei ricoveri ospedalieri che abbiamo osservato in questo studio – scrivono Rahimi e colleghi – La maggior parte dei decessi associati a infezione erano dovuti a influenza e polmonite e alcuni di questi potevano essere prevenuti attraverso cure migliori”. I ricercatori concludono: “Questi risultati mettono in discussione le attuali priorità di ricerca e le strategie di gestione e hanno implicazioni per lo sviluppo di terapie salvavita”.
Fonte: JAMA Cardiol 2019
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)