Più basso è, meglio è. È questo il mantra che non si stancano di ripetere gli esperti quando parlano di colesterolo LDL, quello “cattivo”. “A differenza della pressione o della glicemia, un colesterolo basso non provoca effetti collaterali”, chiarisce Francesco Romeo, Direttore della cattedra di Cardiologia all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, a Milano per la presentazione di evolocumab, il nuovo alleato nella lotta contro l’ipercolesterolemia. Da oggi il farmaco è prescrivibile e rimborsabile anche in Italia: una buona notizia per chi non risponde alle statine, il golden standard nel trattamento di questa patologia. Si tratta del primo anticorpo monoclonale interamente umano ad arrivare all’uso in cardiologia. È un inibitore del PCSK9, che riduce fino al 75% i livelli di LDL, provocando anche una regressione della placca aterosclerotica.
I dati
Ogni anno le malattie cardiovascolari uccidono circa 300 mila persone in Italia e l’ipercolesterolemia è “il fattore ambientale patogenetico più importante nella formazione della placca aterosclerotica”, come ricorda Romeo. Avere il colesterolo alto significa infatti avere una probabilità di evento cardiovascolare quattro volte superiore rispetto a chi ha un valore nella norma. I dati sull’ipercolesterolemia non sono incoraggianti: a livello europeo, inoltre, il 60% dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare e l’80% di quelli a rischio molto alto non riescono a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo LDL.
Secondo l’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare ANMCO – Istituto Superiore della Sanità (ISS), la prevalenza della condizione nel nostro Paese è aumentata negli ultimi vent’anni, passando negli uomini dal 20,8% del periodo 1998-2002 al 34,3% del 2008-12 e nelle donne dal 24,6 al 36,6%. Sono almeno 2,5 milioni i connazionali tra i 35 e i 79 anni con ipercolesterolemia grave e 260 mila quelli tra i 10 e gli 80 anni affetti da ipercolesterolemia eterozigote. Solo il 20% dei pazienti è adeguatamente trattato, mentre il 4% è consapevole della propria condizione ma non adeguatamente trattato (magari perché ha interrotto la terapia). Il 35% è consapevole della propria ipercolesterolemia ma non viene trattato e il 41% non conosce i propri livelli di colesterolo. Per incentivare la diagnosi precoce è partito nel 2015 il progetto nazionale “Banca del Cuore”, una “cassaforte” digitale che custodisce i principali dati cardiovascolari dei pazienti che potranno accedervi quando vorranno. L’obiettivo è costruire il primo Registro Permanente Nazionale in area cardiovascolare italiano. Ad oggi sono 70 le strutture che partecipano quotidianamente al progetto.”Migliorare il trattamento farmacologico dei pazienti diminuisce il rischio di sviluppare malattie cardiache e di conseguenza il carico di disabilità e mortalità prematura – sottolinea Michele Massimo Gulizia, Direttore dell’Unità Complessa di cardiologia dell’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania e Past President nazionale ANMCO – Sappiamo che i costi di questa condizione sono di oltre un miliardo di euro all’anno, il 96% dei quali sono imputati alle ospedalizzazioni, il 3% ai farmaci e l’1% all’assistenza specialistica”. Investendo in terapie appropriate, che rappresentano una parte minima della spesa sanitaria, il sistema risparmierebbe sul fronte delle ospedalizzazioni. Senza contare i costi aggiuntivi indiretti causati per esempio dalla perdita di giorni di lavoro, dall’impegno dei parenti e degli accompagnatori e dai viaggi.
Come funzione evolocumab
Evolocumab aumenta la capacità del fegato di eliminare colesterolo LDL dal sangue, diminuendone così i livelli. “Il farmaco produce una modifica del metabolismo del colesterolo agendo sul recettore per il LDL in modo che si mantenga attivo – spiega Enzo Manzato, professore ordinario di Medicina interna all’Università di Padova e presidente della Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi (SISA) – In presenza di evolocumab, quindi, c’è una maggiore attività dei recettori che sequestrano più LDL, i cui livelli di conseguenza si abbassano”. Questo meccanismo funziona da solo, ma può massimizzare i suoi effetti se usato in combinazione con le statine, che usano vie complementari per combattere il colesterolo LDL. Il farmaco si inietta sottocute una o due volte al mese direttamente dal paziente grazie a una penna pre-riempita.
Gli studi
In Italia sono stati condotti 14 studi coinvolgendo 57 Centri distribuiti sull’intero territorio nazionale e arruolando oltre 650 pazienti. In tutto il mondo, per 22 studi complessivi, sono stati coinvolti 35 mila pazienti. C’è grande attesa per i risultati dello studio FOURIER, che saranno presentati il 17 marzo durante l’American College of Cardiology: i ricercatori hanno infatti affermato di aver raggiunto gli endpoint compositi primario e secondario. In pratica “hanno dimostrato che l’abbassamento dei livelli di colesterolo con evolocumab produce una diminuzione anche degli eventi cardiovascolari mortali e non”, conclude Manzato. Il trattamento prevede l’abbinamento di evolocumab con le statine.