(Reuters Health) – Tra qualche anno la biopsia liquida potrebbe essere utile per il rilevamento precoce e il trattamento clinico del carcinoma epatocellulare (HCC). È quanto emerge da una review degli studi condotta da Johann von Felden, della Universitaetsklinikum Hamburg-Eppendorf di Amburgo, e pubblicata da Gut.
Von Felden e colleghi hanno passato in rassegna i recenti sviluppi nella biopsia liquida e ne hanno valutato la potenziale applicazione nel trattamento clinico del carcinoma epatocellulare.
La biopsia liquida si basa sul rilascio e sull’analisi molecolare di componenti tumorali nel flusso sanguigno o in altri fluidi corporei. Tra queste componenti figurano acidi nucleici, cellule tumorali circolanti (CTC) e vescicole extracellulari (EV), che sono nanovescicole incorporate nella membrana, attivamente rilasciate da tutti i tipi di cellule coinvolte nella comunicazione intercellulare.
Dagli studi è emerso che il profilo di metilazione del DNA plasmidico ha mostrato di essere in grado di distinguere i pazienti con carcinoma epatocellulare in stadio iniziale da altri a rischio.
Sono in corso studi clinici che mettono a confronto questo approccio con la sorveglianza standard (sorveglianza con ecografia e concentrazione sierica di alfa-fetoproteina).
Altri studi iniziali, invece, indicano che i biomarcatori compositi di mutazioni nel DNA tumorale circolante (ctDNA) e marcatori tumorali sono potenzialmente in grado di identificare il carcinoma epatocellulare.
Questi approcci potrebbero essere utili anche per effettuare prognosi, poiché il profilo di metilazione del ctDNA, le cellule tumorali circolanti e l’RNA delle vescicole extracellulari hanno dimostrato di essere legati allo stadio del carcinoma epatocellulare e/o agli esiti.
“Finora, l’approccio più promettente è il profilo di metilazione del ctDNA per il rilevamento precoce del carcinoma epatocellulare in pazienti a rischio”, concludono gli autori. “Presto, ciò potrebbe mettere alla prova il vecchio paradigma che prevede AFP e ecografia per la sorveglianza della patologia”.
Fonte: Gut
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)