Nel corso del Meeting annuale della Society of Gynecologic Oncology on Women’s Cancer (16-18 marzo) sono stati presentati i risultati di sopravvivenza globale (OS) della Parte 1 e i risultati di sopravvivenza libera da progressione (PFS) della Parte 2 dello studio di fase III RUBY/ENGOT-EN6/GOG3031/NSGO. Lo studio valuta l’efficacia e la sicurezza dell’anticorpo monoclonale dostarlimab per le donne con cancro endometriale primario avanzato o ricorrente.
“Il tumore dell’endometrio è frequente: colpisce circa una donna su 17 e in Italia si registrano 9-10 mila casi all’anno. Per molti anni, lo abbiamo considerato erroneamente un tumore benigno e molto facile da curare perché si manifesta precocemente, con perdite ematiche in post menopausa, quindi viene spesso diagnosticato al primo stadio”, nota Domenica Lorusso, Responsabile della Ginecologia Oncologica Medica all’Humanitas San Pio X di Milano.
“Purtroppo abbiamo disinvestito nella ricerca e di conseguenza oggi questo è l’unico tumore ginecologico la cui incidenza e mortalità sono in aumento. Negli ultimi anni abbiamo studiato il Dna del tumore e abbiamo scoperto che esistono 4 profili molecolari diversi, associati a prognosi differenti e alla possibilità di rispondere a trattamenti specifici”.
La parte 1 dello studio RUBY sta valutando dostarlimab più chemioterapia standard (carboplatino-paclitaxel) seguito da dostarlimab, rispetto a chemioterapia più placebo seguito da placebo. La parte 2 sta invece valutando dostarlimab più chemioterapia standard, seguito da dostarlimab più niraparib come terapia di mantenimento, rispetto a chemioterapia più placebo seguito da placebo. I profili di sicurezza e tollerabilità di dostarlimab più carboplatino-paclitaxel e dostarlimab più carboplatino-paclitaxel seguiti da dostarlimab più niraparib si sono dimostrati sovrapponibili ai profili di sicurezza noti dei singoli medicinali.
RUBY parte 1
“I risultati di RUBY presentati l’anno scorso hanno mostrato come tutte le pazienti con carcinoma dell’endometrio avanzato/recidivato traggono beneficio dalla combinazione di dostarlimab e chemioterapia in termini di intervallo libero di progressione della malattia”, spiega Giorgio Valabrega, Direttore della S.C.D.U Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino. “Quest’anno registriamo un risultato ancora più importante: al beneficio già osservato si aggiunge un beneficio in termini di sopravvivenza globale”.
In RUBY Parte 1 è stato infatti osservato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo dell’OS per dostarlimab più chemioterapia rispetto a placebo più chemioterapia. Dostarlimab più chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia ha mostrato nella popolazione complessiva:
– Una riduzione statisticamente significativa del rischio di morte del 31% (Hazard Ratio [HR]: 0,69; [IC 95%: 0,539–0,890])
– Un miglioramento clinicamente significativo di 16,4 mesi nell’OS mediana (44,6 mesi contro 28,2 mesi)
In un’analisi esplorativa prespecificata della popolazione MMRp/MSS:
- Una tendenza clinicamente significativa nella riduzione del rischio di morte del 21% (HR: 0,79; [IC 95%: 0,602–1,044])
- Un miglioramento clinicamente significativo di sette mesi nell’OS mediana (34,0 mesi contro 27,0 mesi)
La dott.ssa Lorusso commenta questi risultati: “questo studio cambia la pratica clinica per tutte le pazienti. Le donne con carcinoma dell’endometrio avanzato o recidivante, se trattate con chemioterapia e immunoterapia al momento della recidiva, sperimentano un beneficio in termini di sopravvivenza: la sopravvivenza mediana passa da 28 a 45 mesi, con una riduzione del 30% del rischio di morte”. E aggiunge: “Al momento dostarlimab è approvato in Europa solo per le pazienti con instabilità microsatelliti, che traggono maggior beneficio dalla terapia e rappresentano il 30% della popolazione di pazienti con tumore avanzato. Confido che, in seguito a questi risultati, l’Europa possa allargare l’indicazione a tutta la popolazione di pazienti”.
Nella Parte 1 di RUBY, gli eventi avversi (EA) gravi emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore erano circa il 12% più alti nel braccio dostarlimab più carboplatino-paclitaxel (braccio di trattamento) rispetto al braccio placebo più carboplatino-paclitaxel (braccio di controllo). La natura e i tipi di eventi avversi immuno-correlati nel profilo di sicurezza di dostarlimab più chemioterapia erano coerenti con il meccanismo d’azione di dostarlimab e simili a quelli riportati per altri inibitori PD-(L)1.
Nello studio, il 40,7% dei partecipanti nel braccio di trattamento e il 16,3% dei partecipanti nel braccio di controllo hanno avuto eventi avversi immuno-correlati valutati dallo sperimentatore come correlati rispettivamente a dostarlimab o placebo. L’interruzione di dostarlimab o placebo a causa di un evento avverso emergente dal trattamento si è verificata nel 19,1% dei pazienti nel braccio di trattamento e nell’8,1% dei pazienti nel braccio di controllo.
RUBY parte 2
“La parte due dello studio RUBY ha coinvolto la stessa tipologia di pazienti, randomizzata a ricevere chemioterapia standard o chemioterapia più immunoterapia associata a un PARP inibitore. Questa combinazione si è dimostrata superiore alla sola chemioterapia in tutti i sottogruppi di pazienti”, dice Valabrega.
I ricercatori hanno confrontato la combinazione di dostarlimab più chemioterapia seguito da dostarlimab più niraparib rispetto a placebo più chemioterapia seguito da placebo.
Nella popolazione complessiva sono stati osservati i seguenti risultati:
– Una riduzione statisticamente significativa del rischio di progressione della malattia o di morte del 40% (HR: 0,60 [IC 95%: 0,43–0,82])
– Un miglioramento clinicamente significativo di 6,2 mesi nella PFS mediana (14,5 mesi vs 8,3 mesi) Nella popolazione MMRp/MSS:
– Una riduzione statisticamente significativa del rischio di progressione della malattia o di morte del 37% (HR: 0,63 [IC 95%: 0,44–0,91])
– Un miglioramento clinicamente significativo di 6,0 mesi nella PFS mediana (14,3 mesi vs 8,3 mesi).
Sono risultati preliminari, il dott. Valabrega sottolinea l’importanza di continuare lo studio per capire se il beneficio osservato si traduce in beneficio di sopravvivenza e scoprire per quali sottogruppi di pazienti è particolarmente indicata la combinazione.
Anche perché, sottolinea l’esperto, rispetto alla sola immunoterapia, con l’aggiunta del PARPi è stato osservato un aumento della tossicità.
Nello studio RUBY parte 2, gli eventi avversi gravi emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore sono stati rispettivamente circa il 36% e il 24% più alti nel braccio dostarlimab più chemioterapia seguito da dostarlimab più niraparib (braccio di trattamento) rispetto al placebo più chemioterapia seguito da placebo (braccio di controllo). Nello studio, il 36,6% dei partecipanti nel braccio di trattamento e il 6,3% dei partecipanti nel braccio di controllo hanno avuto eventi avversi immuno-correlati valutati dallo sperimentatore come correlati rispettivamente a dostarlimab o placebo. Non sono stati segnalati casi di sindrome mielodisplastica/leucemia mieloide acuta; altri tumori maligni primari secondari si sono verificati in 1 paziente in entrambi i bracci di trattamento. L’interruzione di dostarlimab o placebo a causa di un TEAE si è verificata nel 24,1% dei pazienti nel braccio di trattamento e nel 5,2% dei pazienti nel braccio di controllo.
L’interruzione di niraparib o placebo a causa di un evento avverso emergente dal trattamento si è verificata nel 15,7% dei pazienti nel braccio di trattamento e nel 4,2% dei pazienti nel braccio di controllo.
In conclusione, la dott.ssa Lorusso sottolinea l’importanza di dostarlimab per le pazienti con carcinoma ovarico: “Possiamo dire che nella popolazione con instabilità dei microsatelliti il farmaco porta alla guarigione. Non avremmo mai immaginato di usare questa parola per tumori recidivanti o che esordiscono al quarto stadio. Non ho dubbi che, per questo sottogruppo di pazienti, il farmaco cambi la storia della malattia”.
Hesham Abdullah, Senior Vicepresident, Global Head Oncology, R&D, GSK, azienda farmaceutica che ha sviluppato dostarlimab e niraparib, ha dichiarato: “I dati positivi mostrano ulteriormente come i regimi basati su dostarlimab potrebbero apportare benefici a un gruppo più ampio di pazienti con cancro dell’endometrio. I risultati che abbiamo visto finora accrescono le prove a sostegno del ruolo di dostarlimab come spina dorsale del nostro programma di sviluppo immuno-oncologico. Il nostro obiettivo è continuare a identificare modi per utilizzare dostarlimab da solo e in combinazione con altre terapie per contribuire a migliorare i risultati per i pazienti con opzioni terapeutiche limitate”.