Scrivere con la mente e ascoltare con la pelle. Questo è il futuro per il Building 8, il laboratorio di ricerca di Facebook dedicato a progetti riservati. Da qui il social network ha estratto due progetti per mostrarli al pubblico della F8, sua conferenza per gli sviluppatori. Due progetti che potrebbero aiutare chi è cieco o sordo, ma anche rivoluzionare la comunicazione nell’epoca della realtà virtuale. Il colosso di Mark Zuckerberg ha messo 60 scienziati e ingegneri al lavoro sulla “comunicazione orale silenziosa”.
“Nei prossimi due anni costruiremo sistemi che dimostrano la possibilità di digitare a una velocità di 100 parole al minuto, decodificando l’attività neurale dedicata alla parola”, ha annunciato Regina Dugan, vicepresidente di Facebook e responsabile del Building 8, prima sul palco della conferenza e poi in un post sul social network. Questa sorta di interfaccia neurale consentirebbe di scrivere cinque volte più velocemente di quanto riusciamo a fare ora su uno smartphone, ha spiegato Dugan, ex manager di Google nonché della Darpa, l’agenzia del dipartimento della Difesa statunitense per le nuove tecnologie.
All’argomento ha dedicato un post anche il Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg. “Il nostro cervello produce abbastanza dati da trasmettere 4 film in alta definizione al secondo. Il problema è che il modo migliore che abbiamo per far uscire le informazioni, la parola, può trasmettere la stessa quantità di dati di un modem del 1980”, ha scritto. L’obiettivo finale dell’interfaccia neurale è un “dispositivo indossabile che possa essere prodotto su larga scala. Anche un semplice ‘click mentale’ sì/no – ha evidenziato Zuckerberg – potrebbe aiutare a sentire cose come la realtà virtuale in modo piu’ naturale”.
Se un sistema di decodifica neurale potrebbe un giorno dar vita a “protesi vocali per chi ha disordini della comunicazione, o a un nuovo modo di dare input nella realtà virtuale”, ha
osservato Dugan, l’altra sfida è arrivare a creare “una sorta di coclea”, cioè la parte dell’orecchio che traduce i suoni ascoltati in informazioni comprensibili al cervello. Ciò
avverrebbe sfruttando la pelle, in modo simile al Braille.
“Sul nostro corpo abbiamo due metri quadrati di epidermide che è piena di sensori collegati al cervello”, ha rilevato Dugan. “Un giorno non così lontano sarà possibile per me pensare in mandarino e per voi sentire in spagnolo. Immaginate la potenza che una tale capacità – ha concluso – darà a quei 780 milioni di persone nel mondo che non possono leggere o scrivere, ma che sicuramente possono pensare e sentire”.