I batteri del piccolo intestino si adattano in modo dinamico al nostro stato nutrizionale, con specie che scompaiono e riappaiono. È questa l’evidenza che emerge da una ricerca condotta dall’Università di Berna, i cui risultati sono stati pubblicati da Cell Host and Microbe e che mostra, per la prima volta, la capacità adattativa dei batteri di questo tratto dell’intestino.
Mentre è facile raccogliere campioni fecali per studiare i batteri del grande intestino, è da sempre più difficile studiare il piccolo intestino, che sostanzialmente può essere raggiunto solo attraverso un’operazione chirurgica.
Il team svizzero, però, è stato in grado di esaminare i batteri intestinali del piccolo intestino dell’uomo in un modo semplice e innovativo, per capire in che modo danno supporto al processo digestivo.
Così, i ricercatori hanno evidenziato che mentre i batteri del grande intestino restano relativamente stabili durante il corso della vita, quelli del piccolo intestino sono molto instabili. In particolare, scompaiono quando digiuniamo durante la notte e riappaiono quando mangiamo al mattino. Il team ha avuto accesso a campioni del piccolo intestino, o ileo, di pazienti che andavano incontro a chirurgia per un tumore, riuscendo a esaminare quello che accade in “tempo reale”.
I campioni di batteri sono stati analizzati usando i metodi di sequenziamento più recenti. È stato, così, osservato che il numero di batteri nell’ileo dipende, per un’ampia misura, dallo stato nutritivo del paziente: quindi nei periodi in cui non si mangia, vengono eliminati i batteri, mentre dopo pranzo appaiono di nuovo.
Nonostante queste fluttuazioni, comunque, i diversi tipi di batteri non si estinguono, piuttosto si riducono di numero, e le percentuali di ciascuna sottospecie cambia molto rapidamente, anche dopo qualche ora dal pasto.
“Pensiamo che questi cambiamenti rappresentino un ecosistema e le percentuali delle sottospecie si riducono evitando la morte dei batteri. In questo modo, i batteri evitano l’estinzione, a meno che non ci siano particolari patologie o situazioni di malnutrizione o inquinamento ambientale”, concludono gli autori.
Fonte: Cell Host & Microbe (2022)