‘Batteri buoni” fanno bene anche ai denti

I batteri buoni non fanno bene solo all’intestino; possono avere effetti benefici anche contro gengiviti e parodontite. Anche se le evidenze ad oggi disponibili non bastano a quantificare questo beneficio, dal loro utilizzo potrebbe nascere un approccio terapeutico nuovo che mira ad aumentare la proporzione di batteri benefici presenti nella bocca.

I probiotici sono microorganismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, proteggono l’integrità della barriera intestinale e possono aiutare le difese immunitarie. I più noti sono le specie Lactobacillus e Bifidobacterium, comunemente usati per trattare diverse malattie legate al tratto gastrointestinale (come diarrea, gastroenteriti). “Da oltre dieci anni”, spiega Nicola Marco Sforza, vicepresidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), “si indaga sul possibile beneficio per pazienti che soffrono di malattie parodontali nell’uso dei probiotici. Questo filone di studi iniziò quando emerse che le persone che assumono più latticini hanno minore prevalenza di malattia parodontale, ma non si capiva per quale motivo”.

Si è successivamente scoperto che questo era dovuto alla presenza di lactobacilli presenti prevalentemente in yogurt, latte fermentato e, in proporzione molto minore, nel latte e formaggi freschi. “Approfondendo, si è osservato che alcuni integratori come i lactobacilli contenuti nei probiotici sono in grado di svolgere un’azione di controbilanciamento dei microbi patogeni delle malattie parodontali dovute alla presenza di placca batterica nel cavo orale”, precisa l’esperto.

I motivi sono due. “Da un lato inibiscono la proliferazione di batteri anaerobici che provocano malattie parodontali, e dall’altro riescono a modulare le difese immunitarie dell’ospite riducendone la suscettibilità a questi microrganismi patogeni”. Gli effetti positivi sono però difficili da quantificare e ancora poco studiati a lungo termine. “I dati scientifici attualmente disponibili – conclude Sforza – non ci consentono ancora di capire completamente come si evolva la malattia in chi affianca l’uso di probiotici alle normali terapie e chi invece fa solo queste ultime. Ma la ricerca è molto impegnata in questo campo”.

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