Il rischio che l’esposizione in gravidanza a farmaci antipsicotici possa determinare problemi del neurosviluppo, scarso rendimento scolastico o disturbi dell’apprendimento nei nascituri, è nullo o minimo. A questa conclusione è giunto un ampio studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles del Sud, in Australia, coordinato da Claudia Bruno.
Il team ha monitorato il rischio a lungo termine, a livello di neurosviluppo e difficoltà di apprendimento, nei bambini nati da donne che assumevano questi farmaci durante la gravidanza. Complessivamente, i ricercatori hanno preso in considerazione dati relativi a 213.302 bambini nati nei paesi scandinavi – Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – da madri con una condizione psichiatrica diagnosticata. Di questi, il 5,5% (11.626) era stato esposto in utero ad antipsicotici. I ricercatori hanno confrontato questi dati con i risultati dei test scolastici, eseguiti tra gli 8 e i 10 anni dai bambini che erano stati esposti agli antispicotici in utero.
Tenendo conto di fattori confondenti, come dipendenza dal fumo, età, grado di istruzione o assunzione di altri medicinali, dall’analisi è emerso che il tasso di rischio non lascia supporre un effetto negativo a livello di disturbi del neurosviluppo, sia per l’outcome nel complesso, sia per la performance logica degli esercizi di matematica. “I risultati sono davvero rassicuranti sia per le donne che gestiscono queste condizioni psichiatriche in gravidanza, sia per gli operatori sanitari”, conclude Claudia Bruno.
Fonte: eClinicalMedicine (The Lancet) 2024