Un numero crescente di uccelli selvatici morti e di specie di mammiferi infettate, anche in Paesi un tempo non toccati dal virus e un caso nell’uomo: l’influenza aviaria quest’anno ha alzato come non mai l’attenzione sul legame tra la salute animale e quella degli uomini, tanto che le maggiori organizzazioni internazionali attive nella sorveglianza della salute umana e animale, invitano a non abbassare la guardia per scongiurare l’emergere di nuove pandemie. E’ questa, per esempio, la posizione di Organizzazione mondiale per la salute (Woah), Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e Organizzazione delle Nazioni Unite per cibo e agricoltura (Fao).
La stagione dell’influenza aviaria potrebbe aver superato il picco, ma il numero di contagi rimane ancora molto alto. Secondo l’ultimo report della Woah, nelle ultime tre settimane sono stati 2,2 milioni gli animali morti o abbattuti a causa di virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità, soprattutto H5N1. Secondo il rapporto, tra il 17 febbraio e il 9 marzo, sono stati oltre 200 i focolai, 44 in allevamenti di pollame e circa 160 in uccelli selvatici. L’Europa continua a essere il continente con il maggior numero di focolai: 32 negli allevamenti e 134 negli uccelli selvatici. Il maggior numero di decessi (1,4 milioni) è concentrato invece in Asia.
“Vale la pena sottolineare la prima occorrenza di influenza aviaria ad alta patogenicità nel pollame in Argentina e la prima in volatili non avicoli in Uruguay”, sottolinea il rapporto, secondo cui “sulla base dell’andamento stagionale, si prevede che il numero di focolai negli animali abbia superato il picco e inizi a diminuire”. La Woah invita comunque a mantenere alto il livello di sorveglianza e “sottolinea inoltre l’importanza di segnalare focolai di influenza aviaria in ospiti insoliti, poiché negli ultimi mesi il virus è stato rilevato sempre più spesso nei mammiferi, una situazione che dovrebbe essere monitorata”.
A oggi è difficile quantificare il rischio per l’uomo. Lo scorso mese l’Oms ha chiarito che a uccidere una bambina in Cambogia a febbraio è stato un ceppo del virus che circola nel pollame nel sud-est asiatico da 10 anni e non ci sono relazioni con l’epidemia attuale. “Per il momento l’Oms valuta il rischio per l’uomo basso”, ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Ma non possiamo dare per scontato che le cose rimarranno così. Dobbiamo prepararci per ogni cambio nello status quo”.
Anche per questa ragione, i rappresentanti delle agenzie internazionali con competenze sull’alimentazione (Fao), sull’ambiente (Unep), sulla salute umana (Oms) e sulla salute animale (Woah) hanno lanciato un appello ad accelerare nell’adozione di un approccio ‘One Health’ alle principali sfide globali, in particolare le pandemie. “Le recenti emergenze sanitarie internazionali come la pandemia di Covid-19, il vaiolo delle scimmie, le epidemie di Ebola e le continue minacce di altre malattie zoonotiche, la sicurezza alimentare, le sfide della resistenza antimicrobica, nonché il degrado dell’ecosistema e il cambiamento climatico dimostrano chiaramente la necessità di sistemi sanitari resilienti”, hanno scritto.