Attualmente la diagnosi di autismo è più un’arte che una scienza: per accertare se un certo bambino ne è affetto, professionisti specializzati ricercano comportamenti che sono caratteristici della patologia, come ad esempio il mancato contatto visivo o il manierismo ripetitivo. Benchè questi metodi si siano provato efficaci per anni, i ricercatori sperano ancora di trovareun modo di diagnosticare l’autismo che sia maggiormente obiettivo: la ricerca ha recentemente suggerito la presenza di una significativa correlazione fra la gravità dell’autismo di un bambino ed il modo in cui il suo cervello processo gli stimoli visivi ed uditivi, e fortunatamente è possibile misurare questo genere di attività cerebrale in modo semplice e non invasivo. E’ possibile che un cervello autistico incontri maggiori difficolà a processare tutte le informazioni che riceve dal sistema sensoriale del corpo, che devono essere opportunamente organizzate: un ostacolo in questo processo potrebbe dare luogo ai sintomi dell’autismo. La cosa ha senso, perché molti soggetti autistici riportano che alcuni tipi di stimoli li disturbano, mentre altri non fanno caso a stimoli che la maggior parte delle persone tipicamente noterebbe. Gi autori della ricerca sperano che un giorno le tracce elettroencefalografiche possano contribuire ad una diagnosi dell’autismo maggiormente oggettiva, nonché a caratterizzare meglio la posizione di una persona nello spettro della patologia: si tratta infatti di un disordine estremamente eterogeneo, ed aver conosciuto una persona autistica non significa avere un’idea di cosa realmente sia l’autismo. E’ possibile che sottogruppi diversi siano in grado di rispondere meglio o peggio a diversi livelli di trattamento, il che aumenta il valore di un test scientifico affidabile e sensibile. (J Aut Develop Dis online 2014, pubblicato il 22/9)
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