Asma: i dati su depemokimab mostrano una riduzione del 54% delle esacerbazioni

In occasione della European Respiratory Society International Conference – a Vienna dal 7 all’11 settembre – sono stati presentati i risultati completi degli studi clinici di fase III SWIFT-1 e SWIFT-2, che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di depemokimab rispetto al placebo in adulti e adolescenti con asma grave con infiammazione di tipo 2, caratterizzata da un aumento della conta degli eosinofili nel sangue. I dati sono stati contemporaneamente pubblicati dal New England Journal of Medicine.

Gli studi
SWIFT-1 e SWIFT-2 sono studi duplicati con gli stessi endpoint primari e secondari. Entrambi hanno raggiunto i loro endpoint primari con riduzioni statisticamente importanti nel tasso annualizzato di esacerbazioni clinicamente significative (attacchi d’asma) nell’arco di 52 settimane rispetto al placebo, con l’analisi aggregata pre-specificata che mostra una significativa riduzione del 54% delle esacerbazioni [Rate Ratio 0,46, 95% CI, 0,36 – 0,59, p < 0,001] (AER depemokimab = 0,51 esacerbazioni all’anno rispetto al placebo = 1,11).

Nell’analisi aggregata di SWIFT-1 e SWIFT-2 è emersa – rispetto al placebo – una riduzione del 72% [RR 0,28, 95% CI 0,13 – 0,61, p = 0,002] (AER: depemokimab = 0,02 rispetto al placebo = 0,09) nell’endpoint secondario di esacerbazioni clinicamente significative che richiedono ospedalizzazione o visita al pronto soccorso. Poiché l’analisi aggregata di SWIFT-1 e SWIFT-2 non ha effettuato il controllo per le comparazioni multiple, i risultati con un valore p significativo (<0,05) sono definiti nominalmente significativi. Nei singoli studi, gli endpoint secondari che valutavano la qualità della vita o la misurazione basata sui sintomi hanno mostrato miglioramenti, ma non hanno raggiunto la significatività statistica rispetto al placebo.

Obiettivo prevenzione delle esacerbazioni
La prevenzione delle esacerbazioni, un rischio noto di ospedalizzazione e causa di danni polmonari cumulativi e progressione della malattia, è da tempo un obiettivo del trattamento e della cura dell’asma. La soppressione continuativa dell’infiammazione di tipo 2, un fattore tipico delle esacerbazioni, potrebbe aiutare a cambiare il corso della patologia. La possibilità di intervalli di dosaggio prolungati potrebbero rappresentare un vantaggio nel superare le barriere come aderenza o frequenti appuntamenti medici, nel raggiungimento di risultati ottimali.

“Con un programma di dosaggio di sole due iniezioni all’anno, depemokimab ha il potenziale per essere il primo biologico a durata d’azione ultra-lunga approvato con dosaggio di sei mesi – commenta Kaivan Khavandi, SVP, Global Head of Respiratory/Immunology R&D – Ciò potrebbe offrire ai medici e a milioni di pazienti con asma grave un’opzione che fornisce rassicurazioni sulla soppressione sostenuta nel tempo di un marcatore chiave dell’infiammazione di tipo 2 e una riduzione del tasso di esacerbazioni e ospedalizzazioni, l’obiettivo di trattamento fondamentale nell’asma”.

“Come medico, è incoraggiante vedere i risultati di una ricerca che potrebbe far evolvere la gestione dell’asma grave – aggiunge David Jackson, autore principale di SWIFT-1 e SWIFT-2, professore di medicina respiratoria al King’s College di Londra e responsabile clinico per l’asma grave presso gli ospedali Guy’s e St Thomas’ di Londra – Per me, prevenire le esacerbazioni e in particolare quelle che portano a ricoveri ospedalieri è una priorità di trattamento per le persone che visito con asma grave. Non solo le esacerbazioni sono traumatiche per i pazienti e contribuiscono a esercitare pressioni sui sistemi sanitari/ospedalieri, ma ogni esacerbazione può causare cambiamenti irreversibili al tessuto dei polmoni che nel tempo possono portare alla perdita permanente della funzionalità polmonare e rendere la respirazione del paziente progressivamente più difficile”.

Depemokimab
Depemokimab è il primo biologico a durata d’azione ultra-lunga ad essere valutato in studi di fase III; ha un’elevata affinità di legame e potenza per l’interleuchina-5 (IL-5), che consentirà intervalli di dosaggio di sei mesi per i pazienti con asma grave. L’IL-5 è una citochina chiave nell’infiammazione di tipo 2, in genere rilevata da un aumento della conta degli eosinofili nel sangue. Oltre l’80% delle persone con asma grave presenta un’infiammazione di tipo 2 come patobiologia sottostante del loro asma. L’identificazione di queste persone potrebbe guidare i medici nell’avvio del trattamento corretto per il tipo di asma dell’individuo, contribuendo così a ridurre il rischio di esacerbazioni

La percentuale di pazienti che hanno manifestato un evento avverso è stata simile tra il gruppo depemokimab e placebo in SWIFT-1 (depemokimab = 73%, placebo = 73%) e SWIFT-2 (depemokimab = 72%, placebo = 78%). Nessun decesso o evento avverso grave sono stati determinati come correlati al trattamento dello studio da parte dell’investigatore.

La sperimentazione è stata condotta durante un periodo di elevata prevalenza di COVID e questi eventi sono stati registrati come i più comuni eventi avversi nei gruppi. Non c’era alcuna differenza nelle segnalazioni di COVID tra coloro che ricevevano depemokimab o placebo in SWIFT-1 (depemokimab = 20%, placebo = 22%) e SWIFT-2 (15% sia per depemokimab che per placebo). La rinofaringite è stato il secondo evento avverso più comune rilevato dall’analisi aggregata. La percentuale di pazienti che hanno manifestato un evento avverso di rinofaringite era inferiore nel gruppo depemokimab rispetto al gruppo placebo in SWIFT-1 (depemokimab = 12%, placebo = 19%) e in SWIFT-2 (depemokimab = 13%, placebo = 21%). L’analisi di sicurezza dei dati continua come parte degli studi di estensione in aperto.

 

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