(Reuters Health) – Le persone a rischio di sviluppare artrite reumatoide mostrano un aumento dei tassi di malattia paradontale e abbondanti batteri paradontali, che sarebbero una causa della malattia reumatica, non un effetto. A ipotizzarlo è uno studio presentato un mese fa all’European League Against Rheumatism (EULAR) ad Amsterdam. La ricerca è stata coordinata da Kulveer Mankia, del Leeds Institute of Rheumatic and Musculoskeletal Medicine, nel Regno Unito.
Lo studio
I ricercatori hanno studiato la prevalenza della parodontite e l’abbondanza di batteri parodontali selezionati in tre gruppi: 48 persone positive al peptide citrullinato anti-ciclico (anti-CCP), con sintomi muscoloscheletrici ma senza sinovite clinica, 26 pazienti con artrite reumatoide precoce e 32 persone sane. Il gruppo a rischio si è sottoposto a un’ecografia a 38 articolazioni per valutare la sinovite subclinica, che è stata riscontrata in due persone, pari al 4%. Un dentista ha quindi eseguito esami parodontali per misurare i livelli di batteri, il DNA è stato isolato dalla placca subgengivale dei siti parodontali malati e sani di ciascun partecipante. I dentisti hanno diagnosticato una parodontite clinica in soggetti significativamente più a rischio rispetto ai controlli sani. E le percentuali dei siti con malattia parodontale attiva erano significativamente più elevate nei partecipanti a rischio rispetto ai controlli sani. I dati metagenomici hanno indicato, infine, un’abbondanza di P. gingivalis e A. actinomycetemcomitans nei pazienti a rischio rispetto ai controlli sani e quelli con artrite reumatoide. Tuttavia, la parodontite clinica è stata associata a un’aumento di P. gingivitis ma non di A. actinomicetemcomitans.
I commenti
“Il nostro studio ha dimostrato che la parodontite precede l’insorgenza dell’artrite reumatoide ed è più elevata in individui a rischio che hanno autoimmunità ma non hanno ancora sviluppato artrite” , dice Mankia, secondo il quale la malattia dentale potrebbe essere coinvolta nell’attivazione dell’artrite reumatoide piuttosto che una conseguenza.
Fonte: EULAR 2018
Lorraine Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)