Antibiotico resistenza: regione che vai, resistenza che trovi

Il fenomeno che vede il nostro Paese in Europa tra i primi tre Stati con percentuali di resistenza più elevati, dopo Grecia e Turchia è, infatti, avvertito maggiormente nelle Regioni del Sud rispetto a quelle del Nord. Ma in generale, non mancano differenze tra Regioni e Regioni, tant’è che per l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), la frammentarietà inter-regionale rappresenta un grosso scoglio da superare. Insomma, una difformità da bocciare.

Le differenze tra le varie realtà locali e le problematicità relative al fenomeno dell’antibiotico resistenza sono state al centro dell’evento “Stato dell’arte dell’antimicrobial stewardship: esperienze regionali a confronto” un duplice incontro dedicato al tema che si è tenuto a Roma e a Milano con il supporto non condizionato di Msd. Due occasioni di confronto tra Istituzioni, clinici, microbiologi e manager della salute a livello regionale per fare il punto sullo stato dell’arte in tema di antimicrobial stewardship e individuare percorsi condivisi per lo sviluppo di modelli virtuosi.

Un evento nel corso del quale Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità ha lanciato un appello affinché i sistemi di controllo vengano uniformati nel Paese. “In materia di antimicrobico-resistenze, le differenze tra Nord e Sud Italia sono eclatanti – ha spiegato  Rezza – nel Sud, infatti, il problema è decisamente più marcato. In Italia finora è stato investito troppo poco per controllare la diffusione di germi resistenti. Abbiamo bisogno di nuovi antibiotici e di sistemi di controllo uniformi. Abbiamo bisogno di standardizzare le procedure di rilevamento a livello dei diversi ospedali su tutto il territorio nazionale, e uniformare le misure di controllo per capire cosa funziona e cosa no, e dove”.

Ventuno regioni, ventuno sanità. Effettivamente quella italiana è una realtà a macchia di leopardo come si evince dal Report annuale sulla sorveglianza antimicrobica presentato dall’European Centre for Disease Prevention and Control a gennaio 2017. Una frammentarietà inter-regionale che, secondo l’Ecdc, rappresenta un grosso scoglio da superare per riuscire a delineare un corretto quadro epidemiologico dell’antimicrobico-resistenza nel Paese. “Un primo passo obbligato per intervenire con efficacia sul problema” ha sostenuto Gian Maria Rossolini, Università degli studi, Auo Careggi, Firenze. E per realizzarlo sono fondamentali “aggiornamento, accuratezza e rappresentatività dei dati rilevati”.

Spesso il dato fornito a livello nazionale non ha poi “validità” a livello locale, ha spiegato Rossolini, questo perché “la rete di laboratori che riportano all’Europea non è uniforme, la copertura varia da Regione a Regione, alcune addirittura non hanno laboratori. Ad esempio, secondo i dati nazionali l’enterococcus faecium è resistente alla vancomicina nell’11% dei casi. Tuttavia, il dato medio toscano è del 21% e approfondendo il discorso a livello ancora più locale, ci sono aziende sanitarie in cui i casi di resistenza manifestati sono pari a zero, in altre si arriva al 72%. Dunque l’11% nazionale non è rappresentativo come dato”. Inoltre è necessario che ci sia uniformità nelle metodiche di rilevamento dei dati perché l’accuratezza varia anche in base ai sistemi utilizzati dai diversi laboratori diagnostica “ad esempio per fare gli antibiogrammi – prosegue Rossolini – ci sono poi diverse prospettive epidemiologiche con cui si può osservare uno stesso problema, che danno informazioni diverse e che bisogna conoscere. Proprio per questo motivo in molti Paesi europei esiste già un forte spread interregionale”.

Tra tante ombre anche qualche luce. Uno studio europeo che ha indagato la capacità dei laboratori europei di “fare il proprio lavoro”, ha infatti rivelato che, “per ciò che riguarda i rilevamenti sulla sensibilità agli antibiotici e per la sorveglianza molecolare, gli italiani si collocano tra i migliori in Europa”. Certo, ha concluso Rossolini: “Sulla sorveglianza in generale, invece, siamo tra i più scarsi perché non abbiamo sorveglianza capillare in tutte le Regioni”.

Per ulteriori approfondimenti vedi anche le video interviste a:
Di Perri (Univ. di Torino): “Un buon uso di antibiotici significa salvaguardia delle risorse”
Grossi (Univ. di Insubria): “In Lombardia mancano programmi regionali di antimicrobial stewardship”
Rimondi (Univ. Milano): “Fondamentale uniformare linee guida e procedure”
Concia (Univ. Verona): “Troppe iniziative singole, manca coordinamento regionale e nazionale”
Viscoli (Univ. Genova): “Mancano risorse e piano nazionale che uniformi le pratiche regionali”
Sticchi (Alisa): “In Liguria creato un coordinamento centrale per sorveglianza e prevenzione infezioni”
Menichetti (Univ. Pisa): “Fondamentale un confronto equo con i prescrittori”
Vannucci (Ars Toscana): “Importante allargare il concetto di stewardship in un’ottica di cure integrate”
Tumietto (Sant’Orsola-Bologna): “Serve una solida normativa per investimenti precisi”
Ambretti (Sant’Orsola-Bologna): “Attivato percorso gestione per enterobatteri produttori di carbapenemasi”
Cattani (Cure Sicure Fvg): “Istituito un registro resistenze batteriche e consumi antimicrobici”
Parruti (Osp. Civile Pescara): “In Abruzzo programmata una raccolta dati centralizzata”
Savini (Asl Pescara): “La microbiologia dovrebbe essere potenziata e centralizzata”
Pieretti (AO Osp. Riuniti Marche): “Obiettivo, attivare Stewardship antimicrobica in tutti gli ospedali”
Cauda (Pol. Gemelli): “Modello Gemelli di reparto virtuale da proporre su larga scala”
Cava (Osp. Pertini, Roma): “Multiresistenza trasferita da ospedale alla comunità”
Carbonara (Pol. Bari): “In Puglia manca iniziativa istituzionale di stewardship antimicrobica”
Miragliotta (Policlinico Bari): “Fondamentale attivare sorveglianza all’arrivo del paziente”
Mangoni (Univ. Campania): “In Regione dati non confortanti per i batteri gram-negativi”
Russoniello (Univ. Campania Vanvitelli): “Essenziale collaborazione con Mmg e farmacisti”
Cascio (Pol. Giaccone): “In Sicilia manca personale e serve coordinamento”

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