Campanelli d’allarme per l’Alzheimer potrebbero essere l’insonnia e i troppi riposini diurni. Se, infatti, vengono alterati i ritmi di sonno/veglia e quindi il ritmo circadiano, questa malattia neurodegenerativa potrebbe avere la strada spianata. La scoperta potrebbe quindi consentire di predire molto precocemente la comparsa di Alzheimer, anche anni prima che appaiano i sintomi tipici della malattia, come la perdita di memoria.
Gli studi
Un duplice studio condotto presso la Washington University School of Medicine di St. Louis mostra, infatti, che una disfunzione dei ritmi del corpo, tale da scombussolare l’alternanza di sonno notturno e veglia diurna, si accompagna alla presenza nel cervello delle placche tipiche della malattia di Alzheimer.
Condotto da Erik Musiek, il primo lavoro, pubblicato su Jama Neurology, ha coinvolto 189 anziani tutti sani all’inizio dello studio, privi di problemi di memoria. I partecipanti sono stati sottoposti a due esami classici per vedere se nel loro cervello vi fosse accumulo di placche. Inoltre tutti hanno indossato per alcune settimane una specie di orologio che giorno e notte ne monitorava l’attività. Ebbene è emerso che coloro che avevano i ritmi sonno veglia in tilt, ovvero che tendevano a fare vari riposini o comunque a restare inattivi più volte al dì e attivi di notte, con sonno quindi frammentato nelle 24 ore, erano coloro che presentavano un accumulo delle placche tipiche della demenza.
Nell’altro lavoro, condotto su animali e pubblicato su The Journal of Experimental Medicine, Musiek ha dimostrato che scombussolando i ritmi sonno/veglia di topolini con apposite manipolazioni genetiche, il loro cervello si riempie placche. Si tratta dei primi dati che dimostrano che la distruzione dei ritmi circadiani potrebbe accelerare il depositarsi di placche tossiche nel cervello. Se questo lavoro sara’ ulteriormente confermato, lo studio dei ritmi sonno/veglia potrebbe dare origine a un test predittivo precoce del rischio individuale di Alzheimer.