La parte del cervello in cui il gene APOE è più attivo sarebbe l’area più danneggiata nei pazienti con malattia di Alzheimer. È la conclusione cui è arrivato uno studio pubblicato su Science Translational Medicine da un team della Washington University di St. Louis (USA) che aiuta a spiegare perché i sintomi dell’Alzheimer a volte variano, e sottolinea un aspetto poco studiato della malattia, che suggerisce come meccanismi biologici ancora da individuare giochino un ruolo importante.
La malattia di Alzheimer ha inizio dalla proteina beta-amiloide che inizia a costruire delle placche due decenni prima che le persone mostrino i primi segni di problemi neurologici. Dopo anni di accumulo di beta-amiloide, iniziano a formarsi accumuli di un’altra proteina, la tau. Con questi processi i tessuti cominciano a morire e inizia il declino cognitivo. Il gene APOE, inoltre, è il più importante fattore di rischio genetico per la malattia di Alzheimer.
Per lo studio, il team ha analizzato 350 persone che volontariamente hanno partecipato a studi su memoria e invecchiamento. I partecipanti sono stati sottoposti a esami di imaging in modo che i ricercatori potessero misurare la quantità e la localizzazione delle placche amiloidi, dei depositi di proteina tau e i volumi delle varie aree del cervello. I ricercatori hanno quindi confrontato i dati raccolti dai volontari con i pattern del gene APOE e di altri geni associati alla malattia di Alzheimer presi dall’Allen Human Brain Atlas, una dettagliata mappa dell’espressione genica del cervello.
Dai risultati è emerso che “c’è uno stretto legame tra l’area del cervello in cui si vede l’espressione di APOE e i depositi di tau e i danni al tessuto”, ha spiegato Brian Gordon – coordinatore del team – e che, oltre ad APOE, i principali 20 geni associati alla malattia di Alzheimer sono tutti espressi in pattern simili nei lobi temporali. I ricercatori, infine, hanno confermato che la variante APOE4 del gene mette le persone a un rischio fino a 12 volte più elevato di sviluppare malattia di Alzheimer. Questa variante è da tempo nota per aumentare l’accumulo di beta amiloide.
Fonte: Science Translational Medicine 2022