(Reuters Health) – Per prevedere il declino cognitivo a breve termine nella malattia di Alzheimer, l’accumulo della proteina tau nel cervello valutata con la PET è un biomarker migliore rispetto alla valutazione della proteina amiloide, sempre tramite PET, o alla misurazione di proteine amiloide e tau nel liquido cefalorachidiano (CSF). A evidenziarlo è uno studio guidato da Agneta Nordberg, del Karolinska Institutet, in Svezia, e pubblicato da Molecular Pshychiatry.
Per lo studio, i ricercatori svedesi hanno confrontato i biomarkers tau, beta amiloide e profilo neurodegenerativo del liquido cefalorachidiano e dell’imaging (PET/RM), per valutare la capacità di ciascun biomarker di prevedere il declino cognitivo longitudinale. In totale, dall’Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative, sono stati inclusi 282 partecipanti, raggruppati in base alla diagnosi determinata al tempo dell’inserimento nell’indagine, cioè stato cognitivo normale, problemi di memoria soggettivi, lievi alterazioni cognitive precoci o tardive e malattia di Alzheimer. Di questi, 213 partecipanti sono stati poi monitorati per tre anni.
Dai risultati è emerso che la valutazione della tau tramite PET al baseline riusciva a predire il declino della memoria episodica, indipendentemente dalla positività del p-tau181 nel CSF. Anche la PET tau e la beta amiloide al basale riuscivano a predire il declino della memoria episodica, ma la beta amiloide isolata dalla PET no. Infine, mentre i risultati per la beta amiloide erano simile nel CSF o all’imaging, i risultati nei due casi erano diversi per la tau e la neurodegenerazione; e la positività della tau alla PET era superiore al CSF p-Yau181 e alla beta amiloide della PET nel predire il declino cognitivo nella malattia di Alzheimer durante il follow-up di tre anni.
“I medici dovrebbero essere consapevoli che quando sospettano la presenza di malattia di Alzheimer, la PET con tau dovrebbe precedere quella per la ricerca della proteina amiloide, che dovrebbe essere eseguita solo se una PET è negativa per tau, visto che tutte le scansioni PET positive per tau sono positive anche per l’amiloide”, ha spiegato Marco Bucci, un altro ricercatore coinvolto nello studio.
“Quando la beta amiolide inizia a depositarsi nel cervello, la proteina tau sembra essere già diffusa in diverse zone del cervello; per questo, l’accumulo di tau alla PET sembra essere un biomarker più sensibile nel predire i sintomi cognitivi rispetto all’amiloide, al fluorodesossiglucosio o ai biomarker nel CSF”, spiega Nordberg. “I nostri risultati forniscono supporto al fatto che la PET tau deve avere priorità rispetto ad altri biomarkers nella valutazione dei pazienti con deterioramento cognitivo; se il risultato è positivo, c’è un’alta probabilità di un rapido declino cognitivo”, concludono gli autori.
Fonte: Molecular Psychiatry
Marilynn Larkin
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)