(Reuters Health) – Uno nuovo studio italo-americano, pubblicato da Gut, suggerisce finalmente una spiegazione ai disturbi che alcune persone – che non hanno la malattia celiaca – lamentano dopo l’ingestione di alimenti derivati dal grano. Negli utili anni, è emersa una forma di sensibilità al glutine del grano che pur presentando alcuni sintomi in comune con la celiachia, non è in realtà celiachia. Le persone che ne sono colpite mostrano, infatti, reazioni avverse al glutine del grano, del frumento e della segale, ma le reazioni sono diverse da quelle osservate nella celiachia; cosi queste forme di sensibilità al glutine sono difficili da diagnosticare e rimangono senza cure appropriate. E nella maggior parte dei casi accade che queste persone si auto-diagnosticano la sensibilità al glutine e lo eliminano completamente dalla loro dieta per alleviare i disturbi. In altre parole, mentre la celiachia può essere diagnosticata da esami del sangue ed esami istologici della mucosa intestinale, dove si possono individuare le alterazioni caratteristiche della malattia, per la “sensibilità al glutine non celiaca” non esistono ancora prove visibili del meccanismo che sostiene i disturbi. In pratica, non vi sono biomarcatori o qualche altro segno che possa provare con certezza quale sia il problema di fondo.
Lo studio
Per il nuovo studio, i ricercatori guidati da Peter Green, direttore del Celiac Disease Center della Columbia University di New York City hanno analizzato e confrontato il sangue di 80 persone che avevano riferito disturbi di sensibilità al grano, 40 persone affette da celiachia e 40 persone sane, senza disturbi simili. Come è noto, nella malattia celiaca il consumo di glutine innesca una risposta autoimmune che danneggia l’intestino tenue. Ebbene, nei pazienti con sensibilità al grano i ricercatori non hanno potuto evidenziare gli stessi danni intestinali, e i pazienti non mostravano lo stesso modello di anticorpi nel sangue che sono caratteristici di celiachia; tuttavia vi era la presenza di molte reazioni immunitarie. Ovvero queste persone mostravano le prove di una risposta immunitaria sistemica, che i ricercatori non hanno visto nelle persone con malattia celiaca.
Le conclusioni
Queste evidenze, secondo i ricercatori, suggeriscono che vi sono dei segni identificabili e misurabili nelle persone con sensibilità al grano non celiaca, e il passo successivo è quello di ottenere una migliore comprensione di ciò che sta accadendo nell’intestino di queste persone. Inoltre, i risultati dovrebbero essere confermati in pazienti statunitensi, dal momento che la maggior parte dei campioni di sangue utilizzati per questo studio provenivano dall’Italia. I ricercatori concludono auspicando che vi sia la possibilità di confermare queste prime osservazioni su campioni più ampi e di realizzare un test ad hoc per meglio definire la sensibilità al grano non celiaca e per poter sviluppare le cure adatte.
Andrew M. Seaman
Fonte: Gut 2016
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)