Nella regione Europea dell’Oms nel 2019 ci sono state più di 136mila nuove diagnosi di Hiv. La cifra è leggermente in calo rispetto all’anno precedente, ma resta molto grande la quota di persone che scoprono la sieropositività troppo tardi, quando già il sistema immunitario è compromesso.
Lo affermano i dati diffusi oggi dall’Ecdc e dall’organizzazione in vista della giornata mondiale contro l’Aids dell’1 dicembre. Circa il 20% delle nuove diagnosi, si legge, si sono verificate nel territorio Ue, mentre il resto nella parte orientale del continente. Per un sieropositivo su due in media il test arriva troppo tardi. Anche se ora il focus è sul Covid-19 non possiamo perdere di vista gli altri problemi di salute pubblica come l’Hiv. Una diagnosi più precoce è una priorità urgente. Non possiamo raggiungere gli obiettivi se in media si impiegano tre anni dall’infezione per scoprire la positività , tre anni in cui non si possono dare trattamenti salvavita e durante i quali si può trasmettere il virus”.
In generale nell’Ue il tasso di nuovi casi è in declino del 9% dal 2010, un trend che riguarda anche l’Italia, che nel 2019 ha censito circa 2500 casi di Hiv e 571 di Aids. Il nostro paese, insieme alla Danimarca, è l’unico in cui più di metà dei nuovi sieropositivi ha più di 40 anni, e la trasmissione avviene in misura uguale per contatti omosessuali ed eterosessuali. “Questi dati – sottolinea Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa – sono del 2019, e la domanda nel 2020 deve essere che effetto avrà la pandemia. Al momento il nostro messaggio è di proteggere i progressi dell’ultimo decennio continuando a dare priorità li test e ai trattamenti. Non possiamo permettere alla pandemia di rubarci un futuro senza Aids che e’ nelle nostre possibilità