Ogni anno in Italia si ammalano di tumore all’ovaio circa 5.000 donne, la maggior parte nella fascia d’età tra i 50 e i 65 anni. Per tutte queste pazienti l’ospedale è una meta obbligatoria: nei periodi di follow up, per la chemioterapia, i controlli, le analisi del sangue o, banalmente, per ritirare i farmaci. Sarebbe necessario recarsi in ospedale anche per partecipare ai trial clinici che sono un’importante opportunità di cura.
In questo periodo di emergenza Covid e di lock-down uscire di casa però non è agevole e soprattutto è motivo di ansia per i pericoli dovuti al virus, amplificati nelle pazienti che combattono contro il tumore e il cui sistema immunitario è indebolito dalla malattia.
Gli ospedali si sono adattati a questa condizione iniziando a fare visite in telemedicina o consentendo alle pazienti di effettuare prelievi e tac nel più vicino centro di cura per poi inviare i risultati al medico di riferimento ad esempio, come spiega la Prof.ssa Domenica Lorusso della Ginecologia Oncologica della Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma. “Gli ospedali del centro e del sud hanno avuto modo di prepararsi e di organizzarsi all’emergenza e questo ci ha dato la possibilità di garantire una continuità di cura”. E ha precisato: “Abbiamo privilegiato i trattamenti salvavita, rimandato ciò che si poteva rimandare e convertito, dove possibile, le tac in pet, per lasciare le tac libere per i casi Covid”.
Le visite necessarie sono state effettuate rispettando tutte le precauzioni (mascherine, guanti, senza far entrare accompagnatori) e i farmaci orali, che potevano essere spediti e somministrati a casa, sono stati preferiti, quando possibile, a quelli somministrati per via endovenosa. “È un nuovo modo di fare medicina”, ha commentato Lorusso, “abbiamo tagliato tante cose ridondanti e abbiamo capito che erano superflue. Mi auguro che questo aspetto ce lo porteremo dietro anche nell’era post-Covid”.
Anche le case farmaceutiche hanno fatto la loro parte: “mai come in questo momento si sono dimostrate solidali: alcune hanno messo a disposizione sistemi di telemedicina, altre corrieri gratuiti per consegnare farmaci, altre ancora infermieri per effettuare prelievi a casa”.
Il programma di supporto integrato chiamato “Noi per t(r)e” di GSK rivolto alle pazienti, ai loro familiari e ai medici che le hanno in cura è un esempio del sostegno che le aziende stanno fornendo ai pazienti oncologici. “Noi per t(r)e” agisce su tre fronti: l’assistenza domiciliare, l’apertura dell’Expanded Access Program (EAP) di niraparib e il supporto ai centri di riferimento regionale nel ridisegno dei percorsi oncologici delle pazienti con carcinoma ovarico.
L’assistenza domiciliare sarà possibile grazie alla collaborazione con Evimed, società che presta servizi di medicina preventiva. Le pazienti potranno usufruire del prelievo ematico a casa propria da parte di un infermiere, che provvederà poi a consegnare sia i referti, sia, nei giorni e negli orari concordati, la terapia con niraparib. Il farmaco è un PARP inibitore orale indicato per la cura di mantenimento nelle pazienti adulte affette da carcinoma ovarico avanzato che stanno rispondendo alla chemioterapia a base di sali di platino. Il tutto ovviamente in accordo con lo specialista oncologo e con la farmacia ospedaliera di riferimento. A coordinare ci sarà una centrale operativa e un numero dedicato per rispondere alle pazienti e agli stessi medici dal lunedì al venerdì per qualsiasi esigenza.
Per quanto riguarda l’Expanded Access Program (EAP), meglio conosciuto come programma di uso compassionevole, questo ha lo scopo di fornire, su richiesta del medico, un accesso anticipato al farmaco per le pazienti in possesso dei criteri di ingresso, in attesa che il prodotto completi l’iter regolatorio di approvazione per la rimborsabilità in prima linea. Questo programma è stato sviluppato in base alle evidenze ottenute con lo studio PRIMA, che ha dimostrato che niraparib è un’opzione di mantenimento clinicamente significativa.
Infine verrà portato avanti il progetto BEYOND (BEtter qualitY Of life by reduciNg Day Hospital access). Si tratta di una consulenza offerta ai Day Hospital oncologici, con la collaborazione di Bip, società con un’importante esperienza nell’innovazione dei processi sanitari.
L’evoluzione delle forme di somministrazione dei farmaci, in primo luogo il passaggio dalle terapie iniettive a quelle orali, come ha anche sottolineato Lorusso, possono migliorare la qualità di vita delle pazienti e nello stesso tempo ridurre tempi e costi per il sistema sanitario.
“Questo piano integrato – spiega Fabio Landazabal, General manager di GSK Pharma – fa parte del più ampio progetto #AiutiamogliEroi con cui GSK Italia offre il proprio contributo per arginare l’emergenza da coronavirus. Abbiamo già contribuito ad affrontare la situazione con oltre 1,5 milioni di euro di donazioni e con progetti dedicati, come la sanificazione di 250 studi medici di medicina generale in tutta Italia. Il supporto diretto alle pazienti oncologiche con Noi per t(r)e, l’expanded access program e il progetto Beyond di consulenza sui percorsi oncologici, è una doverosa e concreta vicinanza alle tante donne che stanno vivendo un momento difficile della loro esistenza”.