Il virus Sars-Cov-2 non sarà debellato, ma imparerà a convivere con noi, e noi con lui. Diventerà endemico, come i comuni virus del raffreddore, quindi il tasso di mortalità per infezione del Covid-19 diventerà pari o inferiore a quello dell’influenza. In che modo? Con che tempi? Che impatto hanno su questo processo i vaccini, le varianti del virus e le misure di distanziamento sociale? Gli scienziati Jennie Lavine, Rustom Antia (del dipartimento di biologia dell’Emory University) e Ottar N. Bjornstad (del dipartimento di biologia della Pennsylvania State University), hanno sviluppato un modello per analizzare la traiettoria che porterà il Covid-19 a diventare una malattia endemica.
Per l’analisi, pubblicata dalla rivista Science, gli autori hanno analizzato i dati immunologici ed epidemiologici di altri coronavirus (quattro in tutto), emersi decenni fa, che sono diventati endemici e causano, oggi, un comune raffreddore nella popolazione.
“Sars-CoV-2 infatti è simile ai coronavirus endemici (eCoV) nella sua biologia di base: ha la stessa struttura di base, lo stesso ciclo di replicazione e lo stesso tropismo tissutale primario (infetta principalmente le cellule epiteliali respiratorie). Queste caratteristiche rendono probabile che le sue interazioni con il sistema immunitario umano siano simili a quelle degli eCoV”, spiega Lavine in questa intervista a Popular Science.
Secondo gli autori, il passaggio dalle dinamiche epidemiche a quelle endemiche è associato al fatto che le persone che si infettano per la prima volta fanno parte di gruppi di età più giovani. “L’infezione da Sars-Cov-2 nei bambini, in genere, è molto lieve e le manifestazioni patologiche non sono molto diverse rispetto a quelle causate dai coronavirus endemici in età pediatrica”, continua Lavine. Negli adulti gli eCov non generano una malattia grave, perché l’organismo è dotato di immunità contro quei virus, da cui è stato già colpito durante l’infanzia. Una condizione indispensabile perché il virus diventi endemico è quindi che sia possibile sviluppare un’immunità da bambini.
Sappiamo che gli anticorpi contro Sars-Cov-2 prodotti dopo una prima infezione diminuiscono rapidamente, “più rapidamente del morbillo”, precisa Lavine.
Sappiamo però anche che l’infezione con i coronavirus endemici comporta un’immunità parziale: dopo un anno è possibile reinfettarsi, ma l’infezione è meno grave della precedente. Probabilmente questo vale anche per Sars-CoV-2: “il virus circola da poco più di un anno, quindi iniziamo solo ora ad osservare su larga scala l’emergere di reinfezioni”, aggiunge la ricercatrice. “Uno studio sugli operatori sanitari del Regno Unito e uno studio sulla popolazione in Qatar suggeriscono che l’infezione primaria protegga al momento delle reinfezioni, sintomatiche e asntomatiche”. In generale, le prove raccolte fin ora, mostrano che le reinfezioni sono più lievi delle infezioni primarie anche con Sars-Cov-2, “ma occorrono ulteriori dati per confermarlo”.
Il ruolo dei vaccini e delle varianti del virus
Come si inseriscono i vaccini in questo contesto? Sulla base del modello messo a punto dai ricercatori, a seconda del tipo di risposta immunitaria che genera, un vaccino potrebbe accelerare l’instaurarsi di uno stato di endemicità lieve della malattia. La strategia migliore per accelerare il passaggio da epidemia a endemia, sottolinea Lavine, è proprio la vaccinazione. “Considerando ciò che sappiamo sull’immunità, è probabile che chiunque sia vivo oggi, a un certo punto della sua vita sarà infettato da Sars-CoV-2. Le prove suggeriscono che se la persona si è vaccinata, la malattia sarà molto più lieve”.
Dicevamo che il virus diventa endemico quando il rapporto tra morti e persone infette si riduce. Le nuove varianti potrebbero rallentare questo processo, se hanno un maggiore tasso di mortalità. “Dati recenti provenienti dal Regno Unito e dal Brasile suggeriscono che alcuni dei nuovi ceppi sono più mortali”. Questo però secondo Lavine non dovrebbe cambiare sostanzialmente il processo (il passaggio a endemia), fintanto che le infezioni rimangono lievi nei bambini piccoli e l’infezione con un ceppo o la vaccinazione forniscono un’immunità contro la reinfezione da una varietà di ceppi del virus.
“Sono cose che non sappiamo per il momento, bisognerà continuare a monitorare il tasso di mortalità dei ceppi nelle diverse fasce di età e la durata dell’immunità dopo l’infezione per le diverse varianti del virus”.
Vaccinazioni e distanziamento sociale per favorire il passaggio ad endemia
Secondo Lavine, però l’articolo di Science è stato interpretato in modo errato da diverse testate italiane che hanno parlato di uno studio rivoluzionario secondo il quale bisognerebbe lasciar circolare liberamente il virus, riaprendo tutto e smettendola di adottare le misure di distanziamento sociale – proteggendo solo le categorie a rischio – e questo per liberarci il prima possibile dal virus, altrimenti ci vorrebbero ancora 10 o 20 anni prima che l’infezione da Sars-Cov-2 diventi endemica.
Ma gli autori, ci spiega Lavine non hanno scritto questo. “Se manteniamo le distanze sociali e implementiamo rapidamente il vaccino, potremmo raggiungere uno stato endemico lieve in un arco di tempo che va da sei mesi a un anno”, afferma. Al contrario, se non manteniamo le misure di distanziamento sociale fino a quando una buona parte della popolazione non sarà vaccinata, “il carico della malattia diventerà incredibilmente elevato, con centinaia di migliaia di morti inutili”. È questo il senso delle misure adottate fin ora, e nessuno studio scientifico ha affermato il contrario.
D’altra parte, il distanziamento sociale da solo, senza le vaccinazioni, permette di ridurre leggermente il tasso di mortalità ed evita che i sistemi sanitari siano travolti, ma non permette di evitare la maggior parte dei decessi.
L’analisi quindi non stravolge l’idea che ci eravamo fatti fin ora della trasmissione del virus, ma offre una valutazione accurata del processo che porterà l’infezione a diventare endemica.