L’artrite reumatoide è una malattia altamente invalidante che colpisce soprattutto il sesso femminile in età compresa tra i 45 e i 55 anni. I trattamenti ad oggi a disposizione del clinico sono molteplici, ma occorre fare di più su presa in carico del paziente, bisogni insoddisfatti e diagnosi precoce. Ne abbiamo parlato con Roberto Caporali, Direttore di Struttura Complessa di Reumatologia Clinica dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano.
Quali sono le caratteristiche dell’artrite reumatoide e quante persone colpisce in Italia questa condizione?
L’artrite reumatoide è una malattia cronica infiammatoria a genesi autoimmune. In Italia la patologia colpisce circa 400.000 persone, si manifesta in maggiore prevalenza nel sesso femminile e in un’età compresa tra i 45 e i 55 anni. Tuttavia la malattia può interessare tutte le età, compresa l’età pediatrica. La patologia si caratterizza solitamente per un esordio subdolo, con dolori articolari in prevalenza alle piccole articolazioni delle mani, simmetrici, che si accompagnano a segni locali di flogosi (tumefazione, rossore) e a sintomi sistemici quali stanchezza, febbricola. Il dolore articolare tipico di queste forme è presente anche la notte, con marcata rigidità articolare al risveglio, che tipicamente può durare più di 45 minuti.
Quali sono le terapie disponibili per questi pazienti approvate in Italia?
Vi sono ad oggi numerose possibilità terapeutiche per i pazienti con artrite reumatoide. Il trattamento iniziale si basa solitamente sull’uso di methotrexate, un farmaco immunomodulatore in commercio da molti anni, associato a bassi dosaggio di steroidi. Nei pazienti che non rispondono a questo primo approccio abbiamo oggi a disposizione numerosi farmaci appartenenti sostanzialmente a due categorie: i farmaci biologici e le cosiddette piccole molecole. Queste ultime sono a nostra disposizione da alcuni anni e rappresentano una interessante opzione per alcune caratteristiche peculiari che le differenziano dai farmaci biologici, tra cui la somministrazione per via orale, solitamente gradita al paziente.
Quali sono, ad oggi, secondo lei, i bisogni clinici insoddisfatti dei pazienti?
Credo che i bisogni insoddisfatti dei pazienti possano essere identificati essenzialmente nella persistenza del dolore articolare, anche quando la malattia non è in fase acuta, e in alcuni sintomi sistemici quali l’astenia, che spesso impatta in modo severo sulla qualità di vita. I pazienti, inoltre, chiedono di avere a disposizione farmaci che presentino un buon profilo di sicurezza che si associ ad una elevata efficacia. Non ultimo per i pazienti è essenziale poter avere una diagnosi in tempi brevi e quindi poter affrontare la malattia rapidamente per poter ridurre quanto prima la disabilità che caratterizza le fasi attive di malattia.
Come potremmo soddisfare questi bisogni?
Dobbiamo cercare di riorganizzare le strutture di reumatologia in modo da poter vedere i pazienti con artrite reumatoide in tempi brevi e poter iniziare rapidamente il trattamento. Dobbiamo poi proseguire la ricerca per identificare nuovi farmaci sempre meglio tollerati ed attivi non solo sull’infiammazione ma anche sui sintomi che maggiormente affliggono i pazienti (dolore e astenia, in particolare). Anche la rapidità di azione dei farmaci rappresenta un importante fattore che deve essere considerato. Per rispondere appieno ai bisogni dei pazienti la gestione della malattia dovrebbe essere effettuata da un team di esperti che, oltre al reumatologo, comprenda anche altre professionalità tra cui lo psicologo, il terapista occupazionale, il fisiatra, l’ortopedico, per fare alcuni esempi.
Quali sono gli obiettivi che bisogna porsi per la presa in carico dei pazienti con artrite reumatoide per il futuro?
Dobbiamo migliorare la nostra capacità di diagnosi precoce, ancora non ideale in molte situazioni. Per fare questo devono essere coinvolte diverse figure, tra cui è essenziale il medico di medicina generale, necessario per un rapido invio al reumatologo dei pazienti con forme iniziali o sospette. Dovremo essere sempre più in grado di utilizzare tutti i farmaci a nostra disposizione per poter individuare dall’inizio quello più adatto al singolo paziente e per poter essere in grado di garantire una buona risposta anche a quei pazienti che devono sospendere il farmaco vuoi per inefficacia, vuoi per eventi avversi. A questo proposito, avere a disposizione di farmaci innovativi è garanzia di poter dare risposte anche ai pazienti con una malattia refrattaria.