“La diffusione di batteri resistenti agli antibiotici è aumentata con l’emergenza Covid-19” e “rappresenta una vera e propria pandemia negletta che, contrariamente ad altre, come l’Hiv o le epatiti virali, non può contare su un vasto movimento di opinione da parte dei cittadini, che uniscono le forze per portare all’attenzione della politica il problema”.
A lanciare l’allarme è Carlo Tascini, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, intervenuto al webinar “Il contrasto dell’antimicrobico resistenza: il valore dell’innovazione nella diagnostica”, organizzato da The European House – Ambrosetti con il contributo incondizionato di bioMe’ rieux. Seppure con un trend in calo, l’Italia continua ad essere tra i Paesi europei in cui si registra un maggior consumo di antibiotici e spesso in modo improprio. Ad assumerli è circa un paziente su 3 con infezioni virali delle vie respiratorie, condizione per la quale sono sconsigliati ma che spesso è difficile distinguere da una malattia di origine batterica.
Un uso improprio di questi farmaci è tra le cause della proliferazione di batteri, che sono divenuti resistenti ai farmaci comunemente utilizzati e per questo molto più difficili da combattere. In particolare, sottolinea Tascini, “tra le infezioni ospedaliere causate da germi multiresistenti, le infezioni polmonari sono le più frequenti e le più gravi. Si verificano specialmente nei pazienti che sono sottoposti a ventilazione meccanica o intubazione. Questo succedeva anche prima del Covid ma con la pandemia si è accentuato perchè , a causa dell’emergenza, è diventato molto più difficile, se non impossibile, rispettare misure e protocolli previsti. Di fatto in circa il 15% dei pazienti Covid finiti in terapia intensiva era presente una qualche sovrainfezione batterica, in molti casi di tipo resistente e che, in misura maggiore o minore a seconda dei casi, ha contribuito al decesso del malato”.