Secondo il Centro Studi Nebo, Covid-19 ha inciso fortemente sulla mortalità delle ultime settimane. I numeri non giustificano l’ipotesi di “scagionare” il Coronavirus.
La mortalità giornaliera e per causa di fonte Istat, le comunicazioni della Protezione Civile e i rilievi dell’Istituto Superiore di Sanità analizzati dal Centro Studi Nebo evidenziano l’impatto della Covid-19, in particolare nell’ultima settimana (25-31 marzo), mostrando numeri del tutto fuori scala rispetto al passato e che non giustificano l’ipotesi di “scagionare” il Coronavirus come causa della mortalità di questi giorni.
I dati pubblicamente disponibili non permettono ad oggi accurate analisi, ma è in ogni caso possibile dare un’idea delle dimensioni di due fenomeni:
– l’andamento quotidiano della mortalità degli anni 2015-2019, in base ai dati Istat, letta alla luce delle evidenze segnalate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sui decessi di affetti da Covid-19,
– l’andamento quotidiano dei decessi di pazienti con Covid-19, tramite i numeri diffusi dalla Protezione Civile da fine febbraio a oggi.
L’ISS sottolinea come fra i deceduti positivi a Covid-19 vi sia un’elevata frequenza di alcune malattie preesistenti: cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, ipertensione arteriosa, diabete mellito, demenza, broncopneumopatia cronica ostruttiva, cancro, epatopatia cronica, insufficienza renale cronica.
A partire da questo elenco di comorbidità e limitando l’approfondimento ai morti in età superiore ai 50 anni (soglia oltre la quale si concentra il 99% dei decessi di pazienti con Covid-19), il Centro Studi Nebo ha elaborato i dati di mortalità per causa (annuale) e di mortalità giornaliera (per tutte le cause), con particolare attenzione alla Lombardia, regione più colpita dall’epidemia sia in termini assoluti che relativi.
L’analisi dei dati della mortalità per causa evidenzia che la quota di decessi estranei alle comorbidità rilevate dall’ISS è su base annua stimabile in almeno il 30% e che pertanto è il restante 70% che può essere adottato come riferimento di massima per quantificare l’ordine di grandezza della mortalità attesa per malattie affini alla selezione dell’ISS.
Negli ultimi anni i decessi fra gli ultra50enni sono infatti attribuiti per il 26% a cancro e per il 29% a malattie del sistema circolatorio quali cardiopatie ischemiche, malattie ipertensive, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco, ictus, cui si aggiungono i decessi per diabete, demenze, BPCO, epatopatie, insufficienza renale cronica che nell’insieme determinano un ulteriore 12% dei casi.
I dati di mortalità giornaliera degli ultimi 5 anni mostrano che in Lombardia dal 2015 al 2019 si sono verificati ogni anno nella settimana 25-31 marzo circa 1.800 decessi che, decurtati del 30% di morti presumibilmente attribuibili a cause indipendenti dalle comorbidità segnalate dall’Istituto Superiore di Sanità, equivalgono a circa 180 decessi al giorno.
Se la Covid-19 fosse “solo” una causa secondaria sarebbe ragionevole attendersi anche per il 2020 un numero di decessi non lontano dall’andamento che negli ultimi anni hanno manifestato le malattie rilevate come comorbidità dall’ISS.
In quest’ultima settimana, invece, la Protezione Civile ha registrato per la Regione Lombardia ben 3.021 decessi di persone positive al Coronavirus, pari a una media di 432 decessi al giorno.
I soli deceduti con malattia da Coronavirus sono quindi ben oltre il doppio delle morti avvenute in media nei cinque anni precedenti nella stessa settimana per le comorbidità (decessi attesi).
La distanza tra i decessi effettivi e quelli attesi di questo scorcio d’anno è in realtà ancora maggiore se si pensa che i deceduti con Covid-19 rappresentano solo una parte dei decessi avvenuti in questo periodo, ai quali andrebbero quindi aggiunti i morti non positivi per il Coronavirus e quelli per i quali non sia stata accertata l’eventuale positività.
“È quindi auspicabile in questo senso un attento e precoce monitoraggio delle schede di morte, così da misurare la straordinaria supermortalità legata alla Covid-19, che peraltro va oltre quella stimabile col solo dato dei decessi segnalato dalla Protezione Civile, numero ragionevolmente sottostimato secondo le prime analisi condotte a livello locale su specifici territori”.
Accanto al dato della Lombardia va segnalato che l’analoga analisi per le altre Regioni, sempre nella settimana 25-31 marzo, mostra situazioni eterogenee vista la sensibile differenza della diffusione dell’epidemia sul territorio.
In particolare è interessante notare come le prime sette regioni col maggior rapporto fra decessi di pazienti positivi al Coronavirus e morti attese per le malattie indicate come comorbidità dall’ISS sono le medesime prime sette regioni con la maggior diffusione dell’epidemia fra gli abitanti:
– in Valle d’Aosta, dove i casi segnalati dalla Protezione Civile sono oltre 4 per mille abitanti (analogamente alla Lombardia), sono decedute 37 persone positive al Coronavirus a fronte delle 20 attese per le patologie selezionate;
– in Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna e nelle Marche, dove l’epidemia ha colpito 2-3 persone ogni mille abitanti, il numero di morti con Covid-19 è prossimo quando non superiore al numero delle morti attese per le patologie indicate fra le comorbidità;
– in Piemonte e in Liguria, con un tasso di diffusione appena superiore al 2 per mille, l’attuale numero di decessi con Covid-19 equivale a circa il 70% dei morti attesi per le malattie riconosciute come comorbidità;
Per le restanti regioni, dove il numero di casi notificati è inferiore al 2 per mille residenti, i decessi positivi al Coronavirus rispetto alle morti attese per le comorbidità stimate in base alle evidenze del quinquennio 2015-2019 risultano non oltre il 40%.
Per approfondire consulta i dati regione per regione
Corrado De Rossi Re
Il problema non è “scagionare” o “condannare” ma valutare in dettaglio l’interazione tra comorbidità ed il virus. Che il Covid sia possibile causa di morte è fuor di dubbio ma è anche possibile esso sia la ciliegina sulla torta semplicemente accorciando l’aspettativa di vita dei portatori di comorbidità. In questo caso gli sforzi vanno diretti a ridurre queste ultime.