La coppia di cinesi positiva, la prima vittima a Vo’ Euganeo, gli ospedali al collasso e il lockdown. La colonna di camion militari con le bare delle vittime di Bergamo, le autocertificazioni e le riaperture. Le folli notti estive in discoteca e la seconda, terribile, ondata con l’Italia divisa in zone colorate. Poi i vaccini e la speranza che quell'”andrà tutto bene” di marzo possa davvero realizzarsi. Il primo, lungo, anno di pandemia va archivio con un drammatico bilancio di quasi 100 mila morti e 2,6 milioni di casi accertati. Dodici mesi vissuti tra restrizioni e isolamento, nel tunnel del virus che sembra senza fine.
Il primo caso di coronavirus in Italia è quello di una coppia cinese in vacanza a Roma. Il 29 gennaio viene ricoverata allo Spallanzani, mentre i compagni di viaggio vengono tenuti sotto controllo dai medici. Il virus, si scoprirà solo dopo, era però già in circolo in Italia ed aveva cominciato a diffondersi a macchia d’olio. La data in cui tutto è cambiato è il 21 febbraio quando, al termine di una lunghissima giornata di aggiornamenti sui primi casi italiani, arriva la notizia del primo decesso: Adriano Trevisan, 78 anni, residente a Vo’ Euganeo morto all’ospedale padovano di Schiavonia. E’ l’inizio della fine. Il paziente numero 1 viene identificato in un 38enne di Codogno, Mattia Maestri, i cui movimenti e contatti vengono scandagliati ora per ora, minuto per minuto. In undici comuni tra Lombardia e Veneto scatta la ‘zona rossa’.
Il 23 febbraio comincia il rituale del bollettino di contagiati e morti da parte della Protezione Civile, mentre il 4 marzo il governo decide la chiusura di tutte le scuole. Sarà solo il primo di una lunga serie di provvedimenti che saranno annunciati dal premier Giuseppe Conte in diretta televisiva e social. Il successivo, firmato l’8 marzo, estenderà il lockdown della Lombardia a tutta Italia, il primo Paese occidentale ad adottare le misure restrittive. Si ferma lo sport, chiudono cinema e teatri, bar e ristoranti, congressi e convention, le aziende ricorrono allo smart working e al lavoro agile. Le città italiane sono attraversate dal silenzio, le strade e le piazze sono vuote, dai balconi spuntano gli striscioni con “andrà tutto bene”, saltano feste e ricorrenze. Bergamo, una delle province più colpite dalla pandemia, diventa il simbolo della tragedia. Le immagini dei camion militari che trasportano le bare resteranno per sempre impresse nella memoria degli italiani. Le terapie intensive sono al collasso, medici e infermieri allo stremo. Papa Francesco prega per l’umanità in una piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia, mentre i casi e le vittime continuano a salire di giorno in giorno.
Ad aprile la curva comincia a scendere e le maglie delle restrizioni ad allargarsi, mentre il governo appronta la cosiddetta ‘fase 2’. Il giorno della Liberazione, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, rende omaggio al Milite Ignoto da solo e con indosso la mascherina. Facendo appello al ‘senso civico’, a maggio il governo da’ il via alla ‘fase 2’ con progressive riaperture.
Il 15 giugno è il momento della ‘fase 3’, con ulteriori alleggerimenti, che prevedono anche la ripartenza del campionato di serie A. Luglio e agosto saranno però i mesi della quasi totale riapertura, discoteche comprese. In Sardegna scoppia un focolaio al celebre Billionaire, con il contagio anche del suo patron, Flavio Briatore. Un ‘liberi tutti’, come è stato interpretato da molti, di cui l’Italia pagherà le conseguenze nei mesi successivi. Il 14 settembre viene decisa la riapertura delle scuole – che poi slitterà da regione a regione -, mentre nel Paese aumenta la sensazione di una recrudescenza del virus.
Ad ottobre scoppia, infatti, la seconda ondata e il premier Conte firma un nuovo Dpcm per la chiusura delle attività e limitazioni agli spostamenti. Il ricordo di marzo è ancora vivido, e il governo decide di ricorrere alle cosiddette zone colorate, gialla, arancione e rossa, in base alla gravità della diffusione del virus nelle singole regioni. Le feste di Natale passano in “lockdown”, con i tradizionali cenoni sostituiti da più sobrie tavolate tra parenti stretti. Ed è proprio il 27 dicembre il ‘Vaccine Day’ in tutta Europa. In Italia, tra ritardi e rallentamenti, arrivano le prime centinaia di migliaia di dosi che consentono di dare il via al piano vaccinale. Ad oggi i vaccinati sono quasi tre milioni, con oltre un milione di persone che hanno ricevuto anche la seconda dose. Stavolta nel tunnel comincia a vedersi una flebile luce.
di Domenico Palesse