Ogni giorno non è mai uguale all’altro. La giornata di una persona con dermatite atopica non è prevedibile. Comincia con un risveglio, se si è riusciti a dormire, problematico e la prima cosa è andare davanti allo specchio per verificare se la malattia, durante la notte, ha aggravato la situazione. “Mi alzavo al mattino e la prima cosa che provavo a fare era cercare, aiutandomi con le mani, di aprire gli occhi cosparsi da siero induritosi nelle ore notturne. Poi, davanti allo specchio, cercavo di capire se la mia malattia aveva avuto delle riacutizzazioni notturne o se, molto banalmente, il prurito, non dandomi tregua, aveva fatto sì che mi aprissi numerose ferite nel grattarmi e mi portassi via croste che già avevo”. A parlare è Lorena Marchetti, paziente con dermatite atopica grave di 49 anni che ha scelto di diventare la voce di quei 35.500 italiani che si stima siano colpiti da tale malattia.
“Dopo aver capito la situazione iniziavo un vero e proprio rito per poter uscire di casa; prima cosa una doccia. Non sono d’accordo con chi dice che è meglio lavarsi poco perché le secrezioni hanno un odore sgradevole. Poi si passa alla crema per il contorno occhi, a quella per il contorno labbra, alle gocce per il condotto uditivo a quelle per gli occhi per finire con la crema per il corpo”, prosegue Lorenza. Attenzione però, non stiamo parlando di creme e prodotti commerciali che si trovano sugli scaffali dei supermercati, stiamo parlando di prodotti curativi, a volte a base di cortisone che si vendono in farmacia. “In media una crema sufficiente a coprire 15 giorni costa circa 30 euro; una pomata cortisonica da 50 ml può costare circa 15 euro e tutto è a carico del paziente. Alle spese per i prodotti dedicati alla cura, vanno aggiunte quelle per le visite. Avere un appuntamento in una struttura pubblica è molto difficile a cause dei lunghi tempi di attesa e – precisa Lorena – una visita allergologica in privato costa circa 200 euro”. Ma i costi riguardano anche il quotidiano, a cominciare dalle ore perse sul lavoro. L’impatto di questa patologia sulla vita di tutti i giorni è devastante non solo per i rapporti sociali, ma anche perché cose che apparentemente banali, come il vestirsi, possono diventare un problema. “Il paziente con dermatite atopica è costretto ad indossare sempre tessuti freschi come lino e cotone per evitare che tessuti sintetici o di lana provochino un peggioramento della cute al loro contatto. Non sempre però si ha la possibilità di poter tenere, per esempio, sul posto di lavoro un abbigliamento sportivo”.
“Io convivo con questa patologia dalla nascita. All’epoca non ricevetti subito la diagnosi corretta e la malattia venne curata come crosta lattea, naturalmente senza effetti. Nella mia vita ho incontrato più o meno 70 specialisti tra allergologi e dermatologi, la maggior parte in strutture private. Spendo circa 1.000 euro all’anno solamente di prodotti tra creme, cortisonici, antistaminici e detergenti per il corpo. Mi ritengo una persona fortunata”, lo ripete spesso Lorena, “ma per una famiglia media italiana i costi di questa patologia possono essere proibitivi. Se non sei messo nelle condizioni giuste per poterti curare nel migliore dei modi, o per curare tuo figlio, il rischio è quello di affidarsi a qualunque strada che ti dà un barlume di speranza. Ho vissuto periodi nella mia vita in cui non volevo più sentire parlare di cure o di medici, mi ero arresa alla malattia”. A dicembre 2017 Lorena, navigando in Internet, attraverso i sociale e ricerche mirate, ha scoperto ANDeA, l’Associazione Nazionale Dermatite Atopica giunta ormai al suo primo anno di vita e, grazie all’incontro con persone che hanno saputo ascoltare le sue esigenze e con altri pazienti come lei, ha deciso di non arrendersi e di cominciare a farsi portavoce di una realtà complicata quale quella della dermatite atopica. “Ho deciso di raccontare la mia esperienza per dare voce alle tante persone che, come me, probabilmente stanno affrontando il loro percorso di malattia da sole”, dice Lorena.
La vera svolta arriva però quando entra, grazie al suo specialista di riferimento, in un programma di terapia con un farmaco ad uso compassionevole. “Niente prurito, niente macchie, niente croste sugli occhi, niente notti insonni. Dopo la prima infusione di questo nuovo anticorpo monoclonale, gli effetti positivi che ho riscontrato sono stati così immediati che ho pensato dipendessero da un effetto placebo. Non mi sembrava vero. Dopo sole 12 ore, però, il prurito era sparito e a distanza di 24 non avevo avuto bisogno di prendere antistaminici ed ero riuscita a dormire tutta la notte – racconta Lorena – Ad oggi sono alla terza infusione e non sto assumendo né cortisone né antistaminici. Dopo 49 anni la mia vita si sta avviando alla normalità, e se sto bene io, sta bene anche la mia famiglia”. Non dimentichiamoci mai, infatti, che la dermatite atopica non è solo per chi la vive sulla propria pelle, ma è anche per chi gli sta vicino e i primi a risentirne sono proprio i familiari.
“Quello della dermatite atopica è un mondo difficile – precisa sempre Lorena – e nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare persone con la voglia di aiutare gli altri e la capacità di ascoltare le esigenze e le storie dei pazienti. Quello svolto dalle associazioni, infatti, è un ruolo di fondamentale importanza per dare voce ai singoli, là dove i singoli non hanno possibilità di arrivare – prosegue Lorena – L’auspicio è che le istituzioni competenti sappiano ora ascoltare e facciano in modo che questa terapia innovativa, alla quale ho avuto accesso, che è già disponibile in commercio in altri paesi europei come la Germania, lo diventi presto anche in Italia. Perché non dare la possibilità di vivere una vita normale a chi ha dermatite atopica grave?”, si chiede chiudendo Lorena.
Per approfondire leggi anche: “Dermatite atopica: patologia invalidante per 35.500 italiani di cui 8.000 gravi”