Lo stato generale di malnutrizione nel paziente oncologico e il suo impatto sull’efficacia delle terapie; i rischi che si corrono in chirurgia oncologica se il soggetto che si sottopone a intervento non ha seguito prima un percorso di nutrizione clinica; l’importanza della collaborazione tra dietista e oncologo nel percorso di cura; quali sono i diritti del paziente neoplastico. Di questo e di molto altro si è parlato nell’ambito della Prima Giornata Nazionale di Nutrizione&Oncologia, un’occasione che ha visto gli esperti di tutta Italia riuniti a Trapani il 2 ottobre in un convegno organizzato da Baxter.
Vincere la sfida della malnutrizione l’obiettivo dell’incontro. Mediamente il 30% dei pazienti oncologici è esposto a malnutrizione al momento del ricovero, con punte che toccano il 45% in caso di medio-lungo degenze o di tumori che presentano difficoltà funzionali all’alimentazione naturale, come nel caso di neoplasie alla testa e collo, stomaco, esofago, intestino. Questo è un evento fisiologico che ricade sul paziente con un calo di peso, associato alla malattia oncologica, e possibili altre implicazioni quali immunodepressione, aumentato rischio di tossicità dei trattamenti, peggioramento della qualità di vita, maggiori probabilità di infezioni, ricoveri prolungati, (ri)ospedalizzazione, ritardo nella guarigione delle ferite, fino alla riduzione delle aspettative di vita e al relativo aumento dei costi assistenziali che ciascuno di questi fattori comporta. Rischi che, invece, possono essere prevenuti (o anche evitati) con la programmazione di un ‘piano nutrizionale’ impostato al momento della presa in carico del paziente, su misura delle necessità individuali e del tipo di malattia, e che ha una doppia finalità: fornire da un lato un adeguato approccio nutrizionale e, dall’altro, supportare la fattibilità delle cure oncologiche, anche per periodi prolungati, e potenziare l’efficacia delle terapie intraprese.
Le implicazioni di una malnutrizione sono molteplici e pesanti per il paziente oncologico tanto che questa resta tra le prime cause di morte nel paziente oncologico: all’incirca 35 mila casi annui. Complice anche la mancata disponibilità o l’equità di accesso a servizi nutrizionali oncologici, all’interno di strutture ospedaliere, gestite da personale altamente preparato. “La nutrizione artificiale nel paziente oncologico, specie se affetto dai tumori dell’apparato digerente in cui l’alimentazione naturale è limitata – aggiunge Antonella De Francesco, Direttore della Struttura di Dietetica, Città della Salute, di Torino – costituisce una opportunità ‘vitale’ sia in termini di mantenimento dello stato nutrizionale, sia di supporto alla fattibilità delle terapie. La malnutrizione è infatti il primo fattore di rischio spesso già associato alla malattia oncologica stessa, per lo sviluppo di complicanze e per la riduzione della sopravvivenza – prosegue – Eppure, nonostante le evidenze cliniche, il problema di accesso a servizi di nutrizione dedicati al paziente oncologico resta ancora una questione aperta sul territorio. Sono attualmente poche, a macchia di leopardo, le strutture ospedaliere in grado di assicurare continuità nutrizionale, tale da consentire al paziente di proseguire in maniera adeguata il piano nutrizionale impostato in ospedale”, conclude De Francesco.
Quando si parla di rischi poi, non si può non considerare la chirurgia oncologica. “La cura dei tumori solidi – spiega Paolo Delrio, Direttore UOC Oncologia Chirurgica Colo-rettale e del Dipartimento Oncologia Addominale Istituto Nazionale dei Tumori (Napoli) – è garantita da un’efficace chirurgia, spesso ormai con approccio mini-invasivo, in oltre il 50% dei casi. La malattia oncologica può indurre però uno stato di malnutrizione e ciò ha un impatto negativo sulla cura della malattia. Le strategie terapeutiche devono quindi integrare un approccio nutrizionale specialistico e multidisciplinare, soprattutto in corso di cure chirurgiche oncologiche – spiega l’esperto – In molte realtà è ormai diventata routinaria la valutazione preoperatoria dello stato nutrizionale ed il supporto specialistico, prima e durante il ricovero. Nonostante l’efficacia e la sicurezza di questi nuovi approcci sia ormai dimostrata e soprattutto essi abbiano anche un notevole impatto sulla riduzione dei costi e delle complicanze, la diffusione e l’utilizzo di questi principi si incrementa molto lentamente”, conclude.
Il corretto approccio nutrizionale clinico è vitale e terapeutico per il paziente oncologico, perché anche grazie ad esso potrà ottenere il migliore benefico dalle terapie innovative oggi possibili, anche in Italia, per diversi tipi di tumore. “In particolare – precisa Giuseppe Aprile, Direttore Oncologia, ospedale di Vicenza e Coordinatore del Polo Oncologico vicentino – destano particolare attenzione le terapie target, cure appartenenti a quella che viene definita ‘oncologia di precisione’, e la più recente immunoterapia. Si tratta di strategie di cura che oggi permettono anche a pazienti un tempo con poche chance terapeutiche, come nel caso di tumori polmonari avanzati o melanomi avanzati, di convivere con la malattia mantenendo una buona qualità di vita e di migliorare la sopravvivenza”, precisa l’esperto.
“La ricerca oncologica è costantemente al lavoro e per ampliare ulteriormente le opzioni terapeutiche, estendendole a un sempre maggior numero di tumori, studiando anche farmaci a target specifici, come gli antiangiogenici e/o a bersaglio molecolare. Dunque, per il futuro potranno esserci ampi spazi di miglioramento e nuove offerte di cura, anche in ambito dell’oncogeriatria. Un ramo dell’oncologia dedicato al paziente senior, che oltre a coinvolgere la popolazione avanti negli anni in un invecchiamento attivo, sta sviluppando strategie di cura adatte all’età e alle comorbidità possibili in questa fascia di pazienti, presumibilmente in trattamento con più farmaci (politerapia), che tengano conto dell’interazione tra farmaci al fine di evitare sovrapposizione di potenziali effetti collaterali e massimizzare l’efficacia delle terapie in atto”.
Il problema dell’accesso al servizio nutrizionale è però grande. In Italia le opportunità e le competenze per offrire al paziente il migliore ‘nutrimento’ clinico e alimentare ci sono, ma resta ancora un nodo terapeutico importante da sciogliere: l’uniformità e equità di accesso al servizio nutrizionale. Infatti, implementare i servizi nutrizionali non basta: occorre anche avviare progetti di ricerca dedicati all’approccio nutrizionale per comprendere come selezionare al meglio i pazienti per lo screening fin dal momento della prima diagnosi, studiare il tipo di nutrizione più adeguata (integrata, di supporto o di fine vita) e quantificare i risultati dell’approccio terapeutico e nutrizionale in termini di efficacia e benefici (outcome). Obiettivo è infatti arrivare all’attuazione delle linee di indirizzo pubblicate dal Ministero della Salute a fine 2017 e già recepite dalla conferenza Stato-Regioni, perché il (fab)bisogno alimentare e il supporto nutrizionale clinico domiciliare, in oncologia, è vitale e terapeutico, e deve diventare parte integrante della cura.