Dei messaggi di allerta: potremmo definirli così i segnali che i batteri inviano ai loro simili quando vengono attaccati dagli antibiotici o dai virus chiamati batteriofagi, che li uccidono. A scoprirlo sono stati i ricercatori dell’Università di Copenaghen in collaborazione con quella della California Irvine, con i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Bacteriology.
Un’infezione batterica non è solo un’esperienza spiacevole, ma può anche essere un grave problema di salute. Alcuni microrganismi sviluppano resistenza a trattamenti normalmente efficaci con gli antibiotici. Pertanto, si cerca di sviluppare nuovi tipi di antibiotici in grado di combattere i batteri e allo stesso tempo di rendere più efficaci gli attuali trattamenti.
Ci si sta avvicinando a questo obiettivo con un tipo di batterio chiamato Pseudomonas aeruginosa, noto per infettare i pazienti con fibrosi cistica. Nel nuovo studio è appunto emerso che i batteri inviano segnali di avvertimento ai loro conspecifici, cioè ai loro simili, quando vengono attaccati da antibiotici o dai virus chiamati batteriofagi. Nello studio, i ricercatori hanno studiato la crescita e la distribuzione dei batteri nei vetrini. Qui, hanno creato ambienti che assomigliano alla superficie delle mucose in cui può verificarsi un’infezione, come nel caso dei polmoni di una persona con fibrosi cistica.
“E’ affascinante – spiega Nina Molin Hyland-Kroghsbo, una delle autrici della ricerca- vedere come i microrganismi comunicano e cambiano il comportamento per far sopravvivere l’intera popolazione batterica. Si può quasi dire che agiscono come un unico organismo unito”. I risultati sono considerati molto importanti dai ricercatori, considerato anche che nello specifico i batteri Pseudomonas aeruginosa si trovano nella categoria “critica” nell’elenco dell’Oms. Ma gli studiosi sottolineano anche che vorrà ancora molto tempo prima che le nuove conoscenze risultino in un trattamento migliore.