Come in molti campi della medicina, anche la neuro-oncologia ha assistito a enormi progressi grazie alla disponibilità di dataset clinici di grandi dimensioni e all’evoluzione di metodi computazionali implementati con l’intelligenza artificiale (IA). Tuttavia, nonostante il potenziale dell’IA, l’implementazione clinica rimane limitata. La complessità dei tumori del sistema nervoso centrale (SNC), come il glioblastoma, richiede strumenti avanzati per migliorare la diagnosi, la prognosi e il monitoraggio, aspetti in cui l’IA potrebbe giocare un ruolo cruciale.
Un recente studio pubblicato su The Lancet Oncology e condotto da un consorzio internazionale, tra cui l’Indiana University negli Stati Uniti e l’Università di Bonn in Germania, ha descritto gli sforzi del gruppo di lavoro Artificial Intelligence for Response Assessment in Neuro-Oncology (AI-RANO) per mettere in guardia e fornire raccomandazioni sull’utilizzo dell’IA in neuro-oncologia. Lo studio si è concentrato sulla raccolta delle opinioni di esperti del settore per conto dell’intero gruppo RANO, con l’obiettivo di generare un insieme di strumenti fondamentali per la standardizzazione, la convalida e la buona pratica clinica degli approcci computazionali in neuro-oncologia. In particolare, lo studio presenta delle raccomandazioni per l’uso dell’intelligenza artificiale nella valutazione della risposta ai trattamenti, con un focus su metodi come la radiomica e la radiogenomica e affronta le problematiche legate alla generalizzabilità, riproducibilità e scalabilità di questi metodi, proponendo soluzioni per migliorare l’affidabilità clinica e favorire una maggiore integrazione dell’IA nelle future sperimentazioni cliniche.
Ma quali sono le sfide attuali della neuro-oncologia?
Una delle principali sfide della neuro-oncologia oggi è la difficoltà di distinguere tra progressione tumorale reale e pseudoprogressione (un’infiammazione benigna causata dal trattamento), che spesso appaiono identiche su risonanze magnetiche (MRI). Così come i cambiamenti post-trattamento nelle immagini radiologiche, specialmente dopo chemioradioterapia o immunoterapia in cui anche i radiologi esperti possono incontrare difficoltà nel differenziarle. Questa problematica è cruciale per i pazienti con glioblastoma o altri tumori cerebrali, poiché un errore di interpretazione può portare a interventi non necessari o a ritardi nella gestione clinica.
Attualmente, i metodi tradizionali per affrontare queste sfide si basano principalmente sull’osservazione visiva delle immagini radiologiche da parte dei clinici. Tuttavia, queste tecniche sono limitate dalla loro natura qualitativa e dalla difficoltà intrinseca di individuare caratteristiche che possano distinguere in modo affidabile tra progressione reale e cambiamenti legati al trattamento. Spesso infatti, nei casi dubbi, è necessario ricorrere a biopsie invasive, che comportano rischi significativi per il paziente, come complicazioni chirurgiche e potenziali errori diagnostici legati all’eterogeneità tumorale.
Che ruolo può giocare l’IA?
In questo scenario complesso, l’intelligenza artificiale offre una nuova prospettiva per superare queste difficoltà grazie alla sua capacità di analizzare grandi volumi di dati complessi e identificare pattern sottili non visibili all’occhio umano, che potrebbero rivoluzionare il modo in cui la neuro-oncologia affronta la valutazione della risposta al trattamento. In particolare, tecniche di machine learning e deep learning sono state utilizzate con successo per migliorare l’analisi delle immagini radiologiche. Ad esempio, modelli avanzati sono stati applicati per integrare dati provenienti da risonanza magnetica multiparametrica, come le immagini T1 e T2-FLAIR, con altre modalità di imaging, come la tomografia a emissione di positroni (PET). Questa integrazione consente di creare modelli predittivi che possono distinguere con alta precisione tra la progressione tumorale e la pseudoprogressione.
L’IA non si limita però solamente alla diagnostica, ma si estende anche alla quantificazione della risposta al trattamento. In uno studio sono stati utilizzati approcci di deep learning per segmentare automaticamente i tumori cerebrali, un processo che tradizionalmente richiede molto tempo ai radiologi. In questo contesto, l’IA non solo riduce il carico di lavoro, ma migliora anche la coerenza delle valutazioni tra operatori, aumentando l’affidabilità dei dati utilizzati nei trial clinici. Un esempio riportato è quello della sfida BRaTS (Brain Tumor Segmentation), dove modelli di deep learning hanno raggiunto una precisione di oltre il 90% nella segmentazione volumetrica dei tumori, dimostrando una stretta concordanza con i risultati dei radiologi esperti.
In un altro studio inoltre, sono stati sviluppati modelli che combinano dati radiologici, clinici e molecolari per prevedere la sopravvivenza globale dei pazienti, dividendo i pazienti in gruppi di sopravvivenza breve (meno di 12 mesi) e lunga (più di 3 anni), a seconda di specifiche soglie temporali stabilite offrendo una stratificazione tra sopravvivenza breve e lunga. I risultati hanno mostrato che l’integrazione di parametri radiologici strutturali, come quelli estratti dalla risonanza magnetica, con informazioni cliniche (ad esempio età, stato funzionale del paziente) e molecolari (come lo stato mutazionale di IDH e il grado di metilazione del promotore MGMT), ha significativamente migliorato l’accuratezza predittiva rispetto ai modelli che utilizzano solo dati radiologici con accuratezze superiori al 90%. Questi strumenti hanno il potenziale per guidare decisioni cliniche più informate, adattando i piani di trattamento alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente.
Quali sono invece i rischi?
Nonostante questi risultati promettenti, la generalizzabilità degli algoritmi rappresenta una sfida importante, poiché molti studi sono basati su dati provenienti da singoli centri, con protocolli e caratteristiche della popolazione potenzialmente non rappresentativi. Inoltre, la fiducia dei clinici nei modelli di IA è ostacolata dalla mancanza di trasparenza nei processi decisionali degli algoritmi, un problema noto come “black box” dell’IA. Per affrontare queste problematiche, gli autori propongono la creazione di dataset multicentrici e standardizzati, nonché lo sviluppo di modelli più interpretabili. Inoltre, la condivisione di dati tra istituzioni è complicata da vincoli legali e normativi, specialmente in settori sensibili come quello sanitario, dove la privacy dei pazienti deve essere garantita.
Una delle soluzioni più innovative proposte per affrontare la frammentazione e la scarsa condivisione dei dati è l’approccio del federated learning. Questo metodo consente di addestrare modelli IA su dati provenienti da diverse istituzioni senza necessità di centralizzare fisicamente i dati stessi. Nel federated learning infatti, i modelli vengono addestrati localmente presso ogni istituzione utilizzando i dati disponibili in loco. Successivamente, solo i parametri dei modelli aggiornati vengono condivisi con un server centrale, che li aggrega per creare un modello globale. Questo processo garantisce la privacy dei dati dei pazienti, riducendo i rischi legati alla loro trasmissione, e promuove la collaborazione tra centri di ricerca e ospedali, anche in contesti con rigide normative sulla protezione dei dati.
In conclusione, l’intelligenza artificiale ha il potenziale per trasformare la neuro-oncologia, migliorando diagnosi, prognosi e valutazione della risposta al trattamento. Tuttavia, per realizzare appieno questo potenziale, è necessario affrontare le attuali limitazioni attraverso una maggiore standardizzazione, validazioni su larga scala e una stretta collaborazione tra clinici e sviluppatori di IA. Questo approccio integrato potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso una medicina di precisione più efficace e accessibile per i pazienti con tumori cerebrali.
di Valentino Ribecco
Source: The Lancet Oncology