Un aspetto di cui non si parla mai abbastanza in medicina, ma che negli ultimi anni sta acquistando a ragione, un notevole interesse nella ricerca biomedica, sono le differenze che esistono tra il sesso maschile e quello femminile in ambito patologico. Poiché il sesso, inteso come una vasta gamma di processi biologici e attributi fisici, come il corredo cromosomico, l’anatomia e gli ormoni, influenza l’incidenza, la progressione e la biologia della malattia.
Infatti, storicamente, la ricerca medica ha considerato i tratti fisici e anatomici del corpo maschile come lo standard di riferimento. Tuttavia nell’ultimo decennio, gli studi hanno iniziato a evidenziare i rischi di basare le valutazioni cliniche su dati prevalentemente maschili, con effetti negativi come diagnosi errate, trattamenti inadeguati e disuguaglianze nei risultati di salute, come il ritardo nella diagnosi delle malattie cardiache nelle donne e non solo. Una intersezionalità quindi, che deve essere di fondamentale importanza nei diritti civili come in medicina e biologia.
Sulla base di questo importante assunto, i ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison in uno studio pubblicato su Science Advances e guidato dalla professoressa Pallavi Tiwari, hanno investigato le differenze sessuali nella sopravvivenza dei pazienti affetti da gliomi di alto grado (HGG), utilizzando un approccio basato su deep learning applicato alle immagini istopatologiche colorate con ematossilina ed eosina (H&E). I gliomi di alto grado, in particolare il glioblastoma (GBM), sono tumori cerebrali altamente aggressivi e con esiti inevitabilmente fatali e con una sopravvivenza media di soli 15 mesi. Sebbene i trattamenti siano molto aggressivi e comprendano chirurgia, radioterapia e chemioterapia, seguita da chemioterapia adiuvante, i risultati in termini di sopravvivenza variano notevolmente tra uomini e donne. Gli studi epidemiologici hanno dimostrato che gli uomini presentano una maggiore incidenza di GBM (rapporto 1,6:1) e una sopravvivenza peggiore rispetto alle donne, indipendentemente da fattori come età, estensione della resezione o terapia.
L’analisi delle immagini H&E (che è una tecnica di colorazione istologica usata comunemente per evidenziare le strutture nei tessuti biologici), viene tipicamente esaminata visivamente dai neuropatologi, ed è considerata il gold standard per la diagnosi di HGG, ma presenta limitazioni, come la variabilità tra osservatori. Gli autori dello studio propongono l’uso di modelli di deep learning applicati a queste immagini per identificare caratteristiche istopatologiche specifiche del sesso per creare modelli prognostici di sopravvivenza. I ricercatori sostengono che le differenze sessuali osservate a livello molecolare si riflettono anche nelle caratteristiche istopatologiche, che possono essere rilevate utilizzando modelli di deep learning.
Il lavoro si basa su una coorte di 514 pazienti, provenienti da studi multi-istituzionali, e utilizza reti neurali convoluzionali (CNN), un tipo di rete neurale particolarmente adatta per l’elaborazione di immagini e dati che hanno una struttura spaziale, per segmentare le regioni tumorali e per predire la sopravvivenza globale dei pazienti con HGG. Le immagini H&E sono digitalizzate e analizzate automaticamente, riducendo la necessità di esame manuale da parte dei patologi. L’approccio consiste in due CNN: la prima è un modello di segmentazione per identificare le regioni tumorali viabili; la seconda è un modello di sopravvivenza specifico per sesso, che predice la sopravvivenza globale. Questo approccio mira a identificare attributi istopatologici legati al sesso e alla sopravvivenza, con l’obiettivo di migliorare la valutazione del rischio e le decisioni terapeutiche personalizzate.
Il modello è stato precedentemente addestrato su un database già esistente e estremamente accurato che riportava annotazioni istopatologiche precise per segmentare le regioni tumorali viabili, ottenendo un’accuratezza dell’89% nei test. Successivamente, per valutare l’accuratezza della segmentazione è stata ulteriormente valutata qualitativamente e quantitativamente su campioni provenienti da altri database, come quello del The Cancer Genoma Atlas (TCGA), riscontrando un’accuratezza dell’83%.
Dopo la validazione, lo step successivo è stato quello di sviluppare tre modelli: uno per il sesso maschile, uno per quello femminile e uno “all-comers” (che includeva entrambi i sessi). I modelli specifici per sesso, che includevano anche informazioni cliniche e molecolari, hanno mostrato una maggiore capacità di separare pazienti a basso e alto rischio rispetto al modello “all-comers”. La robustezza dei modelli è stata testata utilizzando dati derivanti da diversi istituzioni e attraverso il rimescolamento dei set di addestramento, i modelli specifici per sesso hanno mantenuto una buona capacità predittiva, con significative differenze tra gruppi a basso e alto rischio, mentre il modello “all-comers” non ha mostrato differenze significative. Inoltre, l’integrazione di dati genomici (mutazioni IDH, metilazione MGMT) e informazioni cliniche (età) ha ulteriormente migliorato le prestazioni dei modelli specifici per sesso. Questo approccio multimodale ha permesso di ottenere indici di concordanza (ovvero per valutare quanto bene un modello prevede un evento), più elevati sia nei set di addestramento che di validazione, confermando l’importanza dell’integrazione di dati genomici e istologici per una migliore stratificazione del rischio.
Infine gli autori, attraverso tecniche di riduzione della dimensionalità, chiamate t-SNE e UMAP, che sono utilizzate per visualizzare dati in uno spazio a 2 o 3 dimensioni in modo da rappresentare pattern complessi in maniera comprensibile, hanno identificato i pattern istopatologici associati a rischi elevati. Nei pazienti maschi, le regioni di microproliferazione vascolare (MVP), in cui le cellule endoteliali che ricoprono i vasi, stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni per aumentare la progressione tumorale e cellule pseudopalisadiche che circondano il tumore e generano ipossia, erano collegate a un alto rischio, mentre nei pazienti femmine, l’infiltrazione tumorale e la MVP erano associati a una prognosi peggiore.
Le implicazioni cliniche di questo studio sono considerevoli poiché la creazione di modelli di rischio sesso-specifici potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico per i pazienti con HGG. In particolare, i risultati suggeriscono che gli uomini con tumori ad alto rischio potrebbero beneficiare maggiormente di trattamenti immunoterapici che mirano a stimolare l’immunità antitumorale rispetto alle donne. Al contrario, le donne potrebbero beneficiare di terapie mirate a inibire la migrazione delle cellule tumorali, che potrebbero rallentare la progressione del tumore e migliorare la prognosi.
di Valentino Ribecco
Source: Science Advances