Interazioni farmacologiche che possono influenzare l’efficacia del trattamento con LT4: una realtà che è sotto gli occhi di molti medici e che per essere gestite al meglio hanno bisogno di un approccio multidisciplinare, a partire dal contributo del medico di medicina generale. Nel contesto delle cure primarie, infatti, la gestione dei pazienti ipotiroidei con comorbilità è comune: “Bisogna tenere conto che un medico di medicina generale oggi attualmente in Italia ha circa 1.400-1.500 assistiti in media, di cui 2/3 hanno una qualche patologia cronica. Circa la metà di loro ha due o più patologie croniche. Inevitabilmente questo comporta che i pazienti assumano più terapie, sono cioè in multi-trattamento farmacologico”. A tracciare il quadro è Gerardo Medea, Medico di Medicina Generale di Brescia, ospite della terza e ultima puntata di Health Conversation dedicata a questo tema.
“Il 66% dei pazienti cronici in politerapia e che hanno più di 65 anni assumono addirittura più di cinque principi farmacologici – prosegue – inoltre teniamo conto che le disfunzioni tiroidee, incluso l’ipotiroidismo, sono molto frequenti nei nostri studi: l’ipotiroidismo è il quarto motivo di contatto del medico di medicina generale. Questo è il quadro epidemiologico che ci fa capire la complessità del tema e dal quale si desume che i pazienti che assumono la levotiroxina sono spesso in politerapia e possono correre il rischio di interazioni farmacologiche. Questo si verifica ovviamente più in un soggetto anziano, ma non risparmia neanche le persone più giovani”.
“Dobbiamo quindi tener conto di quanto può accadere con l’assunzione di altri farmaci insieme alla levotiroxina: ci possono essere sia errori di assunzione che interferenze, dalle quali deriva che il TSH può essere instabile. Una complessità gestionale che noi gestiamo istruendo attentamente il paziente circa la corretta assunzione della levotiroxina: a digiuno e ad una adeguata distanza dalla colazione, evitando una concomitante assunzione con farmaci che possono interferire con l’assorbimento oppure con bevande contenenti caffè. E operando un distanziamento da alcuni farmaci che sappiamo essere interferenti. Più questi pazienti sono complessi, inoltre, più dobbiamo controllare la funzionalità tiroidea, quindi il TSH reflex. Se poi c’è necessità possiamo utilizzare la levotiroxina liquida che ha meno interferenze perché garantisce un più rapido assorbimento. Quindi il messaggio rispetto a questa complessità è che la terapia è personalizzata e sartoriale. Ogni paziente è a sé e dobbiamo personalizzare il suo trattamento rispetto alla sua complessità clinica”, prosegue Medea.
“La situazione più frequente – aggiunge l’esperto – è quella che si verifica con gli inibitori di pompa protonica, i cosiddetti gastro-protettori, che sono assunti per situazioni molto comuni dal punto di vista di frequenza, per esempio con la concomitante assunzione di acido acetilsalicilico, oppure di Fans, oppure di cortisonici. Può anche accadere che il paziente possa assumere inibitori di pompa per auto prescrizione, perché sono farmaci che possono essere distribuiti direttamente dal farmacista sulla base di alcune sintomatologie presentate dal paziente. Ci sono anche altri medicinali che possono generare problemi, come gli antiacidi, il sucralfato, o antibiotici, o il calcio e il ferro che interferiscono con l’assorbimento e che possono essere assunti in maniera non controllata o quanto meno non conosciuta dal medico in quanto contenuti in preparati multivitaminici. Si possono inoltre assommare situazioni di malassorbimento legate ad alcuni cibi e o ad alcune bevande, il caffè o anche la soia, il succo di pompelmo, o alcune fibre che possono ridurre l’assorbimento della levotiroxina. Bisogna vigilare dunque sulla contemporanea assunzione piuttosto che sul distanziamento nell’assunzione di questi particolari alimenti e del farmaco per l’ipotiroidismo”.
Da qui l’importanza della corretta gestione del paziente: pensiamo al caso di “un paziente con co-morbilità, con molte terapie in corso, che abbiamo invitato ad un controllo della funzionalità tiroidea, e che torna con una situazione di non buon compenso. In questo caso facciamo una revisione della terapia complessiva e può essere che in quel momento scopriamo che il paziente sta assumendo qualcuno di quei farmaci che abbiamo visto interferiscono con l’assorbimento della lexotiroxina, magari anche vicini in termini di tempo. Oppure il paziente ha cambiato qualche abitudine dal punto di vista alimentare e quindi non sta più rispettando la distanza piuttosto che la concomitante assunzione di levotiroxina con cibi che possono interferire. Queste situazioni qualche volta sono facilmente correggibili, qualche volta ci sono resistenze perché bisogna cambiare le abitudini, altre volte è possibile cambiare tipologia di farmaco per favorire la compliance”.
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