“Una delle cose più importanti da prendere in considerazione, nel momento in cui abbiamo dei pazienti con sclerosi multipla che sono in trattamento farmacologico, è cercare di capire se questi pazienti stanno o meno rispondendo alla terapia”, spiega Nicola De Stefano, Professore di Neurologia all’Università degli Studi di Siena, il quale, proprio a tal fine, ha elaborato insieme al suo team un nuovo scoring system “facile da usare nella pratica clinica”.
“Capire se i pazienti stanno rispondendo o no alla terapia, in una patologia cronica evolutiva come la sclerosi multipla, non è assolutamente facile perché ci sono tutta una serie di parametri, tra cui il tempo, da prendere in considerazione. Tra i parametri sicuramente importanti ci sono quelli clinici, ma ormai sappiamo che esistono altri parametri sub-clinici che sono altrettanto importanti, come ad esempio la presenza di lesioni che evolvono nel tempo, malgrado il paziente non presenti evidenze cliniche particolari. Quindi, tentare di combinare i parametri clinici con i parametri di risonanza è una cosa importante nel momento in cui vogliamo andare a vedere se un paziente è rispondente o non rispondente alla terapia. Sotto questo aspetto, i dati migliori in termini di risposta o non risposta alla terapia, ce li abbiamo nei pazienti che sono, e sono stati nel tempo, in terapia con interferone perché è anche un farmaco che utilizziamo da molto tempo, per il quale abbiamo tutta una serie di dati anche a lungo termine. Quello che abbiamo fatto recentemente è stato creare quelli che, in termini tecnici, si chiamano “scoring system”, una scala per cui possiamo vedere, in base a quelle che sono le caratteristiche cliniche – in termini di relapse – e caratteristiche di risonanza – in termini di nuove lesioni – se un paziente può essere classificato come un paziente con una situazione tranquilla, di buona risposta, che in questo caso sarebbe uno “score zero”, piuttosto che una situazione intermedia, score 1, o una situazione ad alto rischio di non risposta, e quindi di aumentare le disabilità, che sarebbero score 2 e score 3. Questo studio si basa su altri studi che erano stati fatti precedentemente dal gruppo di Barcellona, e in questa pubblicazione abbiamo modificato e semplificato quello che era il Rioscore e proprio per questo lo abbiamo chiamato “modified Rioscore”, che è uno score facile da usare nella pratica clinica. Questo score è molto semplificato, ed è uno score che ci sta dicendo ora nei dati più a lungo termine che essere con un basso score nel primo anno di terapia non solo indica che c’è una buona risposta al trattamento, ma sembra avere anche un’importanza in termini di predittività clinica: essere in un basso score nel primo anno o ne primi due anni, predice una migliore disabilità a 7 o 8 anni. E’ sicuramente qualcosa di interessante da utilizzare anche nella pratica clinica per capire come il nostro paziente sta rispondendo alla terapia”.


