Nei giorni in cui l’aria si fa piu’ inquinata gli arresti cardiaci sono piu’ frequenti, quindi gli infarti sono di piu’ nei giorni con piu’ smog e la frequenza degli arresti cardiaci e’ proporzionale alla concentrazione di certi inquinanti comuni come il monossido di carbonio o il benzene o le polveri sottili. Lo rivela uno studio condotto su una vasta area della Lombardia che comprende le province di Pavia, Lodi, Mantova e Cremona, un’area rurale e urbana che copre un totale di 7.863 Km2, in cui risiedono oltre un milione e mezzo di persone.
Il lavoro e’ stato presentato al Congresso della Societa’ Europea di Cardiologia da Francesca Gentile dell’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia che spiega: “abbiamo studiato sette comuni agenti inquinanti e visto che quando la concentrazione di ciascuno saliva, il rischio di arresto cardiaco aumentava. I risultati – prosegue – suggeriscono che la qualita’ dell’aria dovrebbe essere incorporata nei modelli predittivi a supporto dei sistemi sanitari nei servizi di pianificazione”. L’inquinamento e’ stato stabilito essere una molla potenziale dell’arresto cardiaco, ma l’associazione con specifici inquinanti rimane controversa, come pure la molteplicita’ dei meccanismi coinvolti. Questo studio ha esaminato le associazioni tra esposizione a breve termine al particolato fine e a inquinanti gassosi e l’incidenza degli arresti cardiaci in una certa zona. Gli esperti hanno confrontato l’incidenza degli infarti giorno per giorno per tutto il 2019 con le variazioni giornaliere delle concentrazioni di agenti inquinanti come le polveri sottili (PM10, PM2.5), il biossido di azoto, il monossido di carbonio, il benzene, il biossido di zolfo. In tutto nel 2019 nell’area considerata sono stati registrati 1582 infarti, con un’incidenza giornaliera media di 0,3 infarti per 100.000 individui.
Ebbene si e’ visto che nei giorni in cui gli infarti superavano questo valore medio, le concentrazioni di inquinanti quali il benzene, il biossido di zolfo, il biossido di azoto, PM10, PM2.5, il monossido di carbonio, l’ozono erano significativamente piu’ alte della media e viceversa. Una relazione inversa e’ stata trovata, invece, con la temperatura, con la probabilita’ di un arresto cardiaco che sale quando la temperatura scende.
“Le relazioni osservate tra concentrazioni di singoli inquinanti specifici e probabilita’ di un arresto cardiaco -sottolinea Gentile – potrebbero essere usate in futuro per prevedere l’incidenza di questo grave evento in specifiche aree geografiche. Speriamo che il monitoraggio dell’inquinamento dell’aria possa migliorare l’efficienza dei servizi sanitari, rendendo lo smog un fattore da considerare nei modelli previsionali per la gestione delle ambulanze e dei sistemi di allarme. Oltre a rappresentare una minaccia per l’ecosistema, l’inquinamento dell’aria dovrebbe essere considerato un fattore modificabile che contribuisce alle malattie cardiovascolari”, conclude.