Anni dopo aver perso parte delle loro braccia in un incidente industriale, due operai sono stati nuovamente in grado di provare sensazioni tattili nel dorso delle proprie mani protesiche, tramite un artificio elettronico. Si è trattato del primo esperimento a ricreare sensazioni perfettamente naturali in modo artificiale, ivi compresa la pelle d’oca che uno dei soggetti provava a contatto di palline di cotone. Altri esperimenti avevano tentato di riprodurre il tatto tramite la stimolazione elettrica dei nervi, ma i risultati erano stati indesiderabili, come se si stesse tentando di parlare al cervello con il linguaggio sbagliato. Si tratta di un importante passo avanti verso la creazione di arti protesici con un naturale senso del tatto, anche se si tratta di un traguardo ancora molto lontano, e non si sa se verrà mai raggiunto davvero. Tuttavia, le protesi sensibili sono un’area di indagine molto interessante, in quanto esse potrebbero rendere la vita dei pazienti che le portano enormemente più facile. L’intero apparato necessario a ricreare queste sensazioni è attualmente molto complesso, ed implica numerosi impianti chirurgici ed elettrodi: è come portare un catetere a permanenza, simile a quelli portati dai pazienti sotto chemioterapia, ma in futuro si spera che questi impianti funzionino in wi-fi. Per la maggior parte del tempo, i due operai indossano normali protesi commerciali, ma una o due volte al mese si recano in un laboratorio dove i nuovi prototipi sono in grado di restituire loro le sensazioni, ed attualmente gli esperimenti sono giunti al punto in cui essi riescono a pelare un acino d’uva con le loro stesse mani. Nonostante il successo, c’è ancora la possibilità che l’impianto danneggi i nervi o che il sito cateterizzato si infetti, ma le cose finora sono andate bene. I due uomini sono stati in campeggio ed hanno spaccato la legna. Uno dei due ha portato l’impianto per 16 mesi, e l’altro per due anni. Se tutto andrà bene, i nuovi impianti sensibili saranno i compagni delle loro vite. (Sci Transl Med 2014; 257: 257ra138)
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