Nel 1873 un fisico tedesco ha fondato una pietra miliare nel campo della microscopia: ha individuato il limite di risoluzione per i microscpi ottici, che si attesta circa alla metà della lunghezza d’onda della luce, il che significa che la maggior parte dei microscopi possa vedere soltanto oggetti di una dimensione minima di 0,2 micrometri, ossia le dimensioni di un batterio. La cosa migliore dei limiti in campo scientifico, però, è che c’è sempre la possibilità di superarli, e di solito quando ciò accade c’è di mezzo un premio Nobel. Quest’anno, infatti, il premio Nobel per la chimica è stato assegnato ad un gruppo di scienziati per il loro lavoro sull’aggiramento del limite di risoluzione ottica: essi hanno portato il microscopio nel mondo dei nanometri. Si tratta dell’ordine di grandezza delle molecole, ed infatti il microscopio da loro creato, detto “nanoscopio”, è stato in grado di visualizzare molecole come quelle create nelle sinapsi cerebrali. Con questo strumento è anche possibile tenere traccia della costruzione delle proteine in molte malattie degenerative, come l’Alzheimer o il Parkinson. La nanoscopia può anche essere utilizzata per visualizzare le singole proteine nelle uova fertilizzate. Sono stati impiegati due diversi metodi per ottenere lo stesso risultato, ed entrambi impiegano una molecola chiamata GFP: questa molecola fluorescente, estratta da un pesce, può essere legata ad altre proteine all’interno delle cellule, illuminandole e rivelandone la posizione. (The Nobel Prize in Chemistry Press Release 2014, pubblicato online l’8/10)
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