A quasi due mesi dall’inizio della campagna di vaccinazione in Israele le infezioni e i ricoveri delle persone anziane (che sono state vaccinate per prime) sono diminuiti. Come evidenzia un articolo di Nature, Israele “è il primo Paese a rilasciare i dati che mostrano che il vaccino funziona in un gruppo così ampio di persone”.
“La campagna di vaccinazione è iniziata il 20 dicembre 2020”, spiega in un’intervista Yaniv Erlich, professore associato di informatica alla Columbia University e direttore scientifico di MyHeritage che ha diretto uno studio, pubblicato in preprint, sulla riduzione della carica virale negli individui vaccinati.
“Nelle prime settimane, l’operazione si è concentrata sugli individui con più di 60 anni e sul personale medico. Quindi, ha gradualmente incluso più gruppi di età: al momento circa l’80% degli individui con più di 60 anni e il 40% della popolazione totale ha già ricevuto la prima iniezione”.
I ricercatori hanno valutato la trasmissione del virus confrontando la carica virale nelle persone con più di 60 anni rispetto a quelle tra i 40 e i 60. “Le persone anziane hanno ricevuto prima il vaccino, quindi la nostra ipotesi era che se il vaccino riduce la carica virale, dovremmo vedere una differenza tra i gruppi a fine gennaio ma non prima. E questo è esattamente quello che abbiamo trovato”, continua Erlich. Fino al 15 gennaio i ricercatori non hanno rilevato differenze statisticamente significative tra i due gruppi, mentre i risultati delle ultime due settimane di gennaio hanno mostrato un indebolimento della carica virale negli ultra sessantenni rispetto ai 40-60.
Gli scienziati hanno allora valutato i dati demografici e i tassi di vaccinazione giornalieri per stimare l’effetto della vaccinazione sulla riduzione della carica virale, secondo le loro stime la vaccinazione riduce la carica virale da 1,6 volte a 20 volte negli individui che sono positivi per Sars-CoV-2 e questa stima potrebbe migliorare dopo che più persone ricevono la seconda dose. È interessante paragonare i due gruppi di età, anche perché questo metodo permette di non confondere gli effetti della vaccinazione con quelli del lockdown istituito a dicembre e gennaio in risposta a una “brutta terza ondata di metà dicembre, attribuita in parte dalla variante britannica”.
Sono dei dati limitati, come precisa Erlich, ma “suggeriscono che il vaccino Pfizer può ridurre la trasmissione, e questo è un elemento chiave nel controllo delle pandemie. Qualsiasi cambiamento nella trasmissione può creare un impatto molto grande a causa della natura esponenziale della diffusione virale”.
I dati raccolti dal Ministero della Salute israeliano, riporta Nature, mostrano che c’è stato un calo del 41% delle infezioni da Covid-19 confermate per gli ultra sessantenni e un calo del 31% dei ricoveri da metà gennaio all’inizio di febbraio. In confronto, per le persone di età pari o inferiore a 59 anni i casi sono diminuiti solo del 12% e le ospedalizzazioni del 5%.
Un articolo del New York Times sottolinea che, “essendo un paese relativamente piccolo con un sistema sanitario universale altamente digitalizzato, Israele è diventato un interessante terreno di prova per Pfizer. Di conseguenza, Israele ha stretto un accordo con la società, offrendo dati in cambio di una fornitura costante di vaccini”.
Un laboratorio che al momento ha fornito dei dati che gli esperti definiscono incoraggianti anche se, per qualche ragione, riferisce Erlich proprio in queste settimane si è iniziato a registrare “un preoccupante rallentamento delle vaccinazioni”.